La convivenza con la morte, i colloqui con le anime dei defunti, cui richiedere segni e visioni, le capacità terapeutiche derivanti dal contatto con gli spiriti, sono sempre stati elementi molto vivi nella cultura popolare sarda. Per lo più queste pratiche scomparvero nel secolo scorso col progressivo declino della società tradizionale. Ma quando, e in che modo, la cultura sciamanica fece ingresso in Sardegna? È da presumere che ciò sia avvenuto nel periodo neolitico, quando popolazioni asiatiche durante le loro migrazioni approdarono nell'isola ad ondate successive. Tali credenze continuarono a sopravvivere anche con l'avvento di genti minoico-micenee, non certo estranee ai culti estatici e astrali. Questo libro, frutto di una lunga ricerca sul campo supportata da una ricca documentazione bibliografica, si propone di fare luce sulle caratteristiche sciamaniche della cultura sarda attraverso una suggestiva indagine sui rituali religiosi dei diversi popoli che si sono alternati nell'isola. Tracce vivissime della presenza orientale nella regione sono oggi la ziqqurat di Monte d'Accoddi, le tombe rupestri del periodo neolitico e le venerette di tipo anatolico ritrovate a corredo dei defunti. Ma sono soprattutto i miti, le credenze e i modi di dire che ancora vivono nella memoria collettiva delle vecchie generazioni a costituire attualmente il segno più prezioso di una sapienza dalle radici remote. Indagando tra antiche leggende e testimonianze recenti, l'autrice costruisce così un percorso inconsueto e affascinante attraverso conoscenze magiche e misteriose giunte sino a noi nonostante i divieti sinodali e le condanne inquisitoriali dei secoli passati.