Introduzione di Riccardo Reim
Nell’ipocrita e perbenista Inghilterra vittoriana, in cui la grassoccia regina impone alla corte lunghe passeggiate, conversazioni irreprensibili e una condotta assolutamente immacolata, un uomo affida la memoria di sé e del suo tempo a una monumentale, straripante, smisurata autobiografia (ben undici volumi, per un totale di circa 4200 pagine e oltre un milione di parole) in cui si parla pressoché esclusivamente di sesso con una sorta di maniacale devozione. L’autore stesso ne volle fare un’edizione ridotta più adatta al grande pubblico, ma non per questo meno hard. In questo sterminato “diario”, l’erotismo – considerato, ovviamente, in tutte le sue possibili variazioni – diviene un obiettivo assoluto e totalizzante: dalle fantasie carnali dell’infanzia fino a una sessualità libera da ogni sentimento e alimentata da tutte le infinite combinazioni suggerite dalla lussuria, fuori e dentro le case di piacere di ogni categoria, nelle bettole, nelle strade, in confortevoli alcove o in squallidi tuguri. Orge, voyeurismo, feticismo, omosessualità e quant’altro è ancora possibile per un’immaginazione comunque borghese, lontanissima dalle sfrenatezze criminali di un Sade. La mia vita segreta è stato (giustamente) definito «uno dei libri più strani e ossessivi che siano mai stati scritti»: l’autore (di cui sappiamo soltanto il nome fittizio, Walter) vi fa, giorno dopo giorno, meticolosamente e senza nulla tacere, il racconto di una vita dedicata quasi esclusivamente ai piaceri del sesso. Senza fasto né retorica, tutto viene detto “orizzontalmente”, fino alle esperienze più insignificanti, con sincerità totale e disarmante, ciò che ne fa un impietoso (e forse non del tutto voluto) ritratto di una nazione e di una società. My secret life ci rivela come vivesse e sentisse e pensasse, durante il periodo vittoriano, un uomo che cercava di trattare direttamente con i demoni della sessualità.