L'Inquisizione indaga su Michelangelo


di Matteo Sacchi

Venivano chiamati «Spirituali» ed erano un gruppo di intellettuali per certi versi vicini alla riforma Luterana. Per alcuni membri della curia romana troppo vicini. Il loro punto di riferimento spirituale era il cardinale Reginald Pole (1500-1558). Mentre si approfondiva sempre di più la rottura tra protestanti e cattolici, anche a seguito dello scisma anglicano voluto da Enrico VIII (1491-1547), tentavano una conciliazione tra alcune delle tesi della riforma e l'autorità di Roma. Organici al gruppo: il cardinale Giovanni Morone, il protonotario apostolico Pietro Carnesecchi, le gentildonne Vittoria Colonna e Giulia Gonzaga. E tramite il viatico della Colonna anche Michelangelo Buonarroti, che considerava la nobile poetessa la sua musa. Tra le varie proposte degli spirituali anche la traduzione dei testi sacri in volgare. Idee che ovviamente suscitavano viva preoccupazione tra i membri più ostili al cambiamento come il cardinale Gian Pietro Carafa (1476-1559) che sarebbe poi diventato papa con il nome di Paolo IV.  

Questo il punto di partenza, assolutamente reale, da cui si dipana il nuovo romanzo storico di Matteo Strukul intitolato Inquisizione Michelangelo (Newton Compton, pag. 384, euro 12). Nel romanzo il rapporto tra Michelangelo e Vittoria Colonna, Marchesa di Pescaia, (1490-1547) diventa la chiave di volta attorno a cui girano intrighi e contro intrighi in una Roma che ancora porta i segni del sacco dei Lanzichenecchi del 1527 e in cui Michelangelo, all'inizio del romanzo siamo attorno al 1542, sta lavorando stancamente per terminare la tomba di Giulio II.

Il sogno di una religione diversa a cui Michelangelo si avvicina verrà soffocato dalla Congregazione del Sant'Uffizio e all'artista resterà come spazio di rivolta solo l'opera d'arte. Il libro di Strukul si muove bene in bilico tra l'invenzione e l'utilizzo di una robusta bibliografia che va dai testi di storici dell'arte come Antonio Forcellino a storici della riforma come Adriano Prosperi. Si fa leggere volentieri e ogni tanto si ha proprio l'impressione di essere nella spoglia casa (era avarissimo) di Michelangelo a Macel de' Coivi. Quindi il lettore si divertirà. Un'avvertenza però. Strukul sposa una tesi precisa, e molto cruda, di quale fosse il ruolo e il metodo di lavoro dell'inquisizione e teatralizza molto la figura di Carafa che diventa proprio il tipico cattivo da romanzo. La storiografia dibatte sul tema in modo più vario e meno univoco. Ma un romanzo è un romanzo e di certo casi come quello di Pomponio Algieri giustiziato a Piazza Navona a Roma per immersione in una caldaia d'olio bollente qualche anno dopo quelli dell'ambientazione del romanzo dimostrano che la mano pesante non era affatto rara.  

Fonte: Il Giornale 20/11/2018


20/11/2018

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