Così ho strappato mio figlio dall’Isis


DIMITRI BONTINCK, RAMBO ANT-JIHAD: LA SUA STORIA ORA È UN LIBRO

Di Marco Pagani

NEL 2013 IL RAGAZZO FU RECLUTATO DAI TERRORISTI, LUI ANDÒ IN SIRIA E RIUSCÌ A SALVARLO. DA ALLORA AIUTA ALTRI GENITORI DISPERATI. «LA MIA PROSSIMA MISSIONE? IN LIBIA», CI HA RIVELATO

«Sono solo un padre. Sono venuto in cerca di mio figlio. Si chiama Jay, viene dal Belgio. È scappato e lo rivoglio indietro. Potete aiutarmi?». Si presentava così Dimitri Bontinck, 44 anni, alle persone che incontrava e a cui chiedeva una mano. Ma la sua richiesta nascondeva più della comprensibile preoccupazione di un padre per l'improvvisa scomparsa da casa del suo ragazzo. Quel "più" è tutto nel titolo del libro che Dimitri ha scritto per raccontare la sua storia, Il cacciatore di terroristi, appena pubblicato da Newton Compton Editori.

Il signor Bontinck, infatti, non si è trasformato in un vendicatore deciso a eliminare chiunque si fosse macchiato di vili attentati spinto da ideali sanguinari. Lui si è lanciato in una missione ben più difficile: salvare i ragazzi europei che si sono lasciati ammaliare dalle farneticazioni dell'Isis, lo Stato islamico, la famigerata organizzazione guidata da Abu Bakr al-Baghdadi responsabile di orrende stragi e violenze. Sono i cosiddetti foreign fighters, cioè combattenti stranieri, ovvero i ragazzi occidentali che si convertono all'Islam e lasciano le loro famiglie per combattere a fianco dell'Isis nella guerra civile che dal 2011 dilania la Siria. Appunto come ha fatto il figlio di Dimitri. Ed è proprio nel Paese mediorientale che Bontinck è andato alla ricerca di Jay con l'obiettivo, raggiunto, di riportarlo a casa. In seguito a quel successo, l'uomo ha ripetuto la missione, portando in salvo altri cinque ragazzi.

«Sono stato un militare dell'esercito belga dal 1991 al 16 agosto 1996», riferisce Dimitri rispondendo alle domande di Gente in anteprima rispetto all'incontro che avrà il 18 novembre con i visitatori di Bookcity. la manifestazione milanese dedicata ai libri. Fu nel corso di una licenza che l'uomo fece una vacanza in Africa, dove incontrò Helen, una donna nigeriana, con la quale poi si sposò. La coppia tornò in Belgio, ad Anversa, e nel 1995 ebbe un figlio, Jejoen, soprannominato Jay. A 15 anni il giovane lasciò la sua fidanzatine belga e poco dopo conobbe una ragazza di religione musulmana che gli chiese di convertirsi all'Islam. Jay iniziò a interessarsi sempre di più a quella fede, visitando diversi siti Internet. Finché sul Web scoprì Sharia4Belgium, una delle reti jihadiste più pericolose d'Europa. Prese a frequentare i suoi esponenti subendo un lavaggio del cervello che cambiò la sua vita: il suo nome divenne Sayfullah. "la spada di Allah", e lui si trasformò in un duro integralista islamico.

«L'avviso che posso dare alle famiglie italiane è di non sottovalutare il fatto che i loro figli si chiudono in camera e passano tante ore al computer. Molti giovani vengono reclutati dall’lsis tramite Internet», spiega a Gente Dimitri. «I segnali che un ragazzo si sta radicalizzando sono sempre gli stessi: nasce un grande interesse nello studio del Corano, si prega cinque volte al giorno, ci si veste e si mangia seguendo i dettami della legge islamica. Così i figli si allontanano inesorabilmente dai genitori». L'identica trafila di Jay, che nel 2013 è fuggito dal Belgio per diventare militante dell'Isis in Siria.

Dimitri si rivolse alla polizia belga, senza ottenere nulla: Jay era maggiorenne e poteva andare ovunque. Suo padre, invece si recò in Siria, riuscì a prendere contatti con le varie fazioni terroristiche e a individuare il luogo dove si trovava il figlio. Tra mille difficoltà, minacce, perfino un pestaggio cui fu sottoposto. Dimitri organizzò la fuga di Jay, voluta dallo stesso ragazzo che, avendone scoperto di persona la ferocia, si era rifiutato di combattere con l'Isis.

Quasi un anno e quattro viaggi dopo in Siria, il padre riporta Jay a casa. Il clamore provocato dalla sua impresa fu tale che Dimitri iniziò a ricevere richieste dì aiuto da parte delle famiglie di altri cinque ragazzi. Nel libro racconta che, tra gli altri, lo chiamarono i genitori di Laura Passoni, figlia di italiani immigrati in Belgio, che fu trascinata in Siria dal marito jihadista. Portò via anche lei dall'inferno dell’lsis. È mai stato contattato dall'Italia? «Non ho avuto chiamate dal vostro Paese», assicura.

Nelle pagine de Il cacciatore di terroristi rivela che dai parenti dei ragazzi riceve giusto un rimborso delle spese sostenute per andare in Siria, trovare informazioni e i contatti giusti per rintracciare gli scomparsi: in che modo si mantiene allora? «Lavoravo come agente della polizia giudiziaria, però ho perso il mio impiego e trovarne un altro è davvero difficile: potrei dovere partire da un momento all'altro», ci dice. La sua prossima missione dove sarà? «Non lo so», risponde. Ma poi sì lascia scappare «Forse in Libia...». Ovunque sia. grazie.

Fonte: Gente 11/11/2017


11/11/2017

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