Scrivo storie d'amore perché il medico mi disse: trovati un antistress


 Intervista ad Anna Premoli

SCRIVO STORIE D'AMORE PERCHÉ IL MEDICO DISSE: TROVATI UN ANTISTRESS

 

di Martina Pennisi

CORRIERE DELLA SERA

 

Anna Premoli, autrice da un milione di copie vendute: «Lavoro nella finanza, ai romanzi penso dopo le 6 di sera» 

«Tante tredicenni leggono i miei libri e mi contattano, anche se sono molto più giovani delle protagoniste»

Anna Premoli è tutta nella risposta che dà se le si chiede cosa si aspetti dalla versione cinematografica dei suoi libri: «Credo che abbiano in mente una cosa televisiva perché la casa di produzione ha scelto tre romanzi collegati l'uno all'altro. Ma sono molto realista: so come funziona dal punto di vista finanziario, anche piattaforme come Netflix e Amazon sono fortemente in perdita. Quando ti opzionano non è detto che poi realizzino qualcosa». E se le domandi i tre titoli scorre la lista dei 18 libri che ha pubblicato dal 2013 con l’editore Newton Compton e, sorridendo, riconosce: «Non me li ricordo tutti: la linea editoriale è quella di usare termini ricorrenti, orecchiabili, facili da ricordare (variazioni sul tema "amore", "innamorarsi", "bacio", ndr). Sono scelte di marketing, alla fine hanno ragione loro: i libri li vendono». Vendono, sì: più di un milione di copie complessive nel caso di Premoli, economista prestata con successo alle commedie romantiche che torna oggi in libreria con In amore vince chi rischia

Sembra più a suo agio con i numeri e i mercati che con le dichiarazioni d'amore.

«Il mio primo e principale lavoro è di responsabile investimenti di una holding di partecipazioni. Per 15 anni, prima di passare dall'altra parte, ho lavorato in banca. La scrittura è arrivata come antistress, quando ero in gravidanza, nel 2009, e il medico mi faceva notare che avevo la pressione troppo alta. Era un periodo stressante a causa della situazione delle banche in America e il post Lehman Brothers: "Si trovi un hobby che non le faccia pensare al lavoro", mi ripeteva».

Altro che hobby, pubblica con un ritmo impressionante. 

«Esco con un nuovo libro più o meno ogni sei-nove mesi. Ho pochissimo tempo per scrivere, in realtà. Lo faccio dopo la mia giornata lavorativa, dalle 18 in poi, e questo per assurdo mi aiuta a concentrarmi. Non so se sarei così efficiente con più tempo a disposizione. Poi, certo, ci riesco perché scrivo cose leggere». 

Ha iniziato con il self publishing che le ha garantito notorietà online

«È stato mio marito: è un ingegnere informatico e quando gli ho fatto leggere il primo romanzo che ho scritto per diletto lo ha corretto, editato e pubblicato sulla piattaforma Narcissus. Dopo due o tre mesi avevo venduto 10 mila copie a 0,99 euro: un successo. La Newton  Compton mi ha notata così, anche perché nel 2012 non c'erano così tanti libri rosa italiani autopubblicati». 

Non usa i social per promuoversi. 

«Quando ho iniziato non era così importante. Ora ho un profilo Instagram, non da tanti anni. Non ho TikTok per scelta, anche per dare il buon esempio a mio figlio, sono sincera, nonostante mi dicano che sia un grande strumento di propagazione. Per carità: con la fatica che si fa oggi a far leggere i ragazzi e le ragazze qualsiasi strumento è ottimo. Stupisce anche me quante ragazzine di 13-14 anni, molto più giovani delle mie protagoniste, leggano i miei libri e mi scrivano. La giornata però è fatta di 24 ore, per me già stare dietro a messaggi privati di Instagram è complicato». 

Mi permetta, le sue protagoniste sembrano chiedersi se meritano davvero le attenzioni del bellone di turno.

«No, come le donne che conosco e vedo intorno a me hanno magari posizioni di carriera importanti, siedono nei consigli di amministrazione e non hanno tutta questa voglia di buttarsi a capofitto in una storia d'amore e farsi sconvolgere la vita. Cerco di raccontare la verità, e nelle grandi città la verità spesso è questa: per gli uomini invece è più facile lasciarsi andare».

Molte delle sue storie sono ambientate negli Stati Uniti. 

«Non lo faccio perché va di moda, se è questo che mi sta chiedendo, anche perché i lettori stranieri amano le storie ambientate in Italia e a Milano (Premoli pubblica in 12 Paesi, ndr). Cerco sempre appigli sensati: per esempio in Un giorno perfetto per innamorarsi, la giornalista newyorkese Kayla va in Arkansas perché deve occuparsi dello shale gas, l'estrazione del gas facendo esplodere il sottosuolo, un fenomeno tipicamente americano che da noi non è consentito per legge. All'epoca nel mio lavoro se ne parlava molto». 

Con la scusa delle ambientazioni si è addentrata nella politica americana.

«Da economista mi hanno allevato a essere apolitica, ma non acritica. E credo che qualsiasi genere, anche il rosa, abbia l'obbligo di farci riflettere su tematiche di attualità. Ho criticato la destra americana così oscurantista su temi come l'aborto e la famiglia per evidenziare problemi che abbiamo anche in casa nostra. Qui si difendono dicendo che la legge sull'aborto c'è e non la toccheranno, per esempio, ma di fatto in alcuni posti è impossibile abortire». 

Hai mai pensato di raccontare la storia di una coppia omosessuale? 

«Mi piacerebbe moltissimo, ma ho sempre avuto il timore di non riuscire a farlo in maniera efficace e di banalizzare la cosa. Arriverà il momento».

In "Tutto a posto tranne l'amore" parla dell'endometriosi.

«Io vengo da una storia ginecologica tragica: ho avuto il primo figlio a 29 anni senza alcun problema, poi sei gravidanze finite male e tre raschiamenti in anestesia totale. Mentre scrivevo non avevo in mente me stessa, almeno in maniera cosciente, ma i racconti delle tante persone che stanno facendo fatica a concepire e hanno questo problema, purtroppo molto diffuso. È brutto da dire, ma è vero che la sofferenza ci arricchisce dal punto di vista della scrittura».

Anna Premoli non è il suo vero nome.

«Non è neanche del tutto inventato: Premoli è il cognome di mio marito e il mio nome è Ana, con una sola "n", perché sono nata in Croazia. All'inizio l'ho adottato perché volevo tenere separati gli ambiti, sul lavoro ormai lo sanno tutti, non è una cosa che nascondo. Una volta è venuto a pranzo da noi Giovanni Tamburi (il presidente di Tamburi Investment Partners, ndr) che aveva appena pubblicato un libro sulle valutazioni aziendali e lo stava regalando a tutti. Gli ho detto "dottore facciamo uno scambio" e gli ho dato uno dei miei libri consigliandogli di passarlo alla moglie, la dottoressa Gritti, che siede nel cda di Oviesse». 

Teme l'Intelligenza artificiale?

«Prima o poi impatterà l'ambito della scrittura creativa: è difficile prevedere i tempi. Sarà una sfida per noi, anche se sono convinta che le macchine non avranno mai quel quid di originalità». 

 


30/05/2023

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