Roberto Baggio, il Divin Codino campione di umanità


Umanità, semplicità, ma anche fragilità. Sono i tratti di uno dei calciatori più amati di sempre,

Roberto Baggio, che porta sempre l'uomo accanto al campione

Chiara Pizzimenti su Vanityfair.it

 

«Roberto Baggio ha vinto il Pallone d’Oro nel 1993. Avuta la notizia non disse
alla moglie che aveva vinto uno dei massimi premi per un calciatore, ma disse
che potevano andare a Disneyland con la figlia Valentina. Solo dopo spiegò che il
viaggio a Parigi era per ritirare il Pallone d’Oro». Basta questo racconto di
Claudio Moretti, autore di Roberto Baggio. Il divin codino. La storia di un
campione dentro e fuori dal campo, edito da Newton Compton , per raccontare la
diversità di uno dei calciatori più amati di sempre.

UMANITÀ
«È l’uomo che si porta in campo delle qualità umane che lo rendono un campione. Non
bastano i colpi per essere un campione. Serve l’anima. E Baggio in particolare è
stato così amato per la sua umanità e per la capacità di raccontare le sue fragilità»
aggiunge Moretti, autore per dieci anni del programma televisivo Sfide.

SEMPLICITÀ
Già in una intervista nei primi anni Novanta disse che lo avrebbero trovato su un
trattore e hanno fatto notizia negli ultimi mesi le sue immagini in campagna.
«Aveva già chiarissimo questo orizzonte e alla terra è tornato nel vicentino come
nella sua tenuta in Argentina. Amava andare in Lomellina ad andare a caccia e
mangiare fuori. Non andava alle Maldive, ma a fare le sabbiature a Grado quando
andava in vacanza».

FORZA
Da giovane, prima di un brutto infortunio, era un grande campione dal punto di
vista atletico. Dopo non ha più potuto puntare su quello, ma grazie alla sua
muscolatura ha potuto vivere per tanti anni con un ginocchio martoriato. «Era
vent’anni avanti, un calciatore che sapeva fare tutto. Aveva intuito con anni di
anticipo che il possesso palla era la chiave di un certo tipo di gioco che poi
Guardiola ha portato al successo per far stare in campo i giocatori di talento.
Era capace di segnare, di dribblare, di fare gli assist».

AMORI
Baggio è stato amato dovunque andasse, nonostante il cambio di maglia che di
solito è vissuto come un tradimento. «Lui non avrebbe voluto lasciare Firenze, ma
devo farlo per motivi di contratti e procuratori, in parte vittima di questo
sistema. A Milano dove non ha dato poco in quanto a vittorie era amatissimo dai
tifosi. La nazionale era il culmine di questo. Lui era il simbolo in maglia
azzurra».

IL RIGORE
«Quella del rigore sbagliato in finale a Usa 94 è un’immagine che ci sta anche nel
suo essere umano, “perdente”. La fragilità è una delle sue caratteriste. C’è anche
amore però in questa storia. La moglie, un rapporto che va avanti fin da quando
erano ragazzini, lo raggiunse durante il mondiale. “Insieme lo supereremo” gli
disse dopo il rigore fallito».

PAOLO ROSSI
Roberto Baggio era avanti di anni, ma era legato al calcio di dieci anni prima
di lui. Lo dimostra la sua commozione al funerale diPaolo Rossi. «Era cresciuto
con quel mito. Entrambe persone miti, mai sopra le righe».

CONTRASTI
Il rapporto con gli allenatori è spesso stato problematico: toglieva luce ai
tecnici in un periodo in cui non si sapeva dove far giocare i numeri 10 nel
modulo 4-4-2. Chi si esiliava in attacco e chi finiva nelle fasce. «Con Simoni
all’Inter si è trovato bene. Di Capello apprezzava che fosse diretto. Non si è
trovato con Sacchi e Lippi. Carlo Mazzone lo esaltava e lo amava. Quando il
Brescia prese Baggio disse agli altri che arrivava uno diverso da loro.
Coltivava la diversità di Baggio. Da diverso poteva dare qualcosa in più».

L’IMMAGINE PIÙ BELLA
«Sono due, da due mondiali. Quando si lascia andare in terra dopo il gol alla
Cecoslovacchia a Italia 90. C’è tutta la sua passione e la sua arte. Dal 1994
invece lui che piange dopo la semifinale con la Bulgaria dove ha segnato due gol
bellissimi, ma ha un dolore alla coscia. C’è Gigi Riva che lo abbraccia».


26/05/2021

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