Che romanzo le due Sicilie dei normanni
di Marcello Simoni, la Repubblica
Una volta l’ho visto. Stava in groppa a un cavallo rampante, sull’angolo di un capitello del chiostro di Monreale. Lo scudo fissato al braccio sinistro, la cotta di maglia ad avvolgergli la parte superiore del corpo e l’elmo dal lungo nasale a proteggergli la testa. Avanzava al galoppo con una leggerezza ariostesca, quasi cavalcasse sopra la spuma di un’onda o fra le assonanze di una chanson de geste. Un cavaliere siculo-normanno scolpito nel marmo.
Non ricordo quanto tempo sono rimasto a osservarlo, ma nella mia mente – di questo ho perfetta memoria – inseguivo già la storia di un romanzo mai scritto. La storia di un guerriero venuto dal mare, da una terra avvolta dal freddo e dalla leggenda, per approdare in un’isola fatta apposta per incubare misteri e fagocitare meraviglie.
Siqilliyya veniva chiamata, in un incontro tra arabo e latino, quell’isola bella. E se la cerchiamo nelle cartografie medievali, mappe tratteggiate da mano islamica, la ritroviamo sotto forma di un triangolo dalle coste frastagliate. Un nuvola dalle tinte marine dotata di porti e calette dai contorni fiammeggianti, così come figurano ancora in un capolavoro del XVI secolo, il Kitab-ï Bahriyye (Il libro del mare) di Piri Reis.
Sembra una leggenda, ma non lo è. La ruota dei secoli aveva da poco superato l’anno Mille quando i normanni giunsero in Sicilia. Benedetti dalla luce mirifica di san Michele arcangelo, che secondo le cronache si era manifestato loro in una grotta del monte Gargano, divennero nel giro di pochi decenni, da cavalieri erranti, mercenari voltagabbana e abili masnadieri, i signori incontrastati del Meridione.
La suggestione scalcia al suono dei nomi di quei northmanni e di quelli giunti subito dopo di loro. Guglielmo, Drogone, Umfredo e Roberto il Giuscardo, Terror Mundi, i figli di Tancredi d’Altavilla, e poi il gran conte Ruggero, o jarl Rogierr, per usare un titolo coniato dai vichinghi, condottiero dal quale discende il primo re normanno di Sicilia. La loro sete di gloria e di ricchezze doveva essere senza pari, tuttavia nessuno di loro avrebbe mai immaginato di poter, un giorno, conquistare addirittura un regno…
Il regno che John Julius Norwich, nei suoi trattati di storia siculo-normanna, definisce The Kingdom in the Sun.
E quella sì, fu leggenda! Una realtà caleidoscopica nata dal connubio di mondi diversi, quello delle genti sicule, degli arabi, dei greci e degli uomini del Nord. Un collage quasi utopico che sorse dall’incontro degli opposti, in modo eguale e forse ancor più incisivo di quanto non accadde nella Spagna moresca…
02/07/2025