L'ALIGHIERI IN BATTAGLIA CON L'AMICO GIOTTO


Il romanzo di Matteo Strukul si muove sul crinale tra fatti e congetture per raccontare una giovinezza fiorentina, immaginando un legame con il pittore
PATRIZIA VIOLI sulla Lettura

Firenze 1288: il poeta ha 23 anni ed è un giovane infelice. Vive con insofferenza la routine matrimoniale con Gemma Donati, sposata ma non scelta, è innamorato di un'altra donna, frustrato nelle ambizioni letterarie e deluso dalla realtà politica che lo circonda. «La mia città appare ormai come un imbuto infernale, colmo di dannati, una parodia di quello che era, sbranata dalle fazioni oggi più che mai». A raccogliere lo sfogo è Guido Cavalcanti, l'amico letterato, con cui Dante disquisisce sulla nuova lirica, il dolce stil novo.


Questo dialogo avviene nelle prime pagine di Dante enigma, il nuovo romanzo di Matteo Strukul, autore di bestseller internazionali in cui trasforma personaggi ed eventi della nostra storia in intrighi avventurosi e avvincenti. Con molta audacia, accurate documentazioni e un'interpretazione assolutamente moderna, Strukul disegna una trama che offre un ritratto inedito del poeta. Coraggioso ma vulnerabile, tormentato nell'affrontare le peripezie della sua epoca. Dante viene percepito come un reduce, un uomo traumatizzato dalla violenza in mezzo alla quale è costretto a vivere. E quest'angolazione della sua personalità porta il lettore a intuire squarci inediti nell'ispirazione della Commedia.


Fra le pagine del romanzo l'autore zigzaga con perizia fra invenzioni e verità storica. I fatti raccontati si svolgono fra 1288 e 1293, quando nelle faide fra guelfi e ghibellini le varie città toscane si combattevano con estrema ferocia. Ritroviamo vicende e personaggi citati nella Commedia, come la storia del conte Ugolino della Gherardesca. Accusato di tradimento spirò per fame, prigioniero nella Torre della Muda a Pisa. Per lui non c'è perdono, Dante lo colloca all'Inferno nella zona del IX Cerchio fra i traditori della patria, nei canti XXXII e XXX. Proprio dalla morte del nobile pisano scaturì l'offensiva di Corso Donati, capo dei guelfi fiorentini e cugino della moglie dell'Alighieri, che portò alla sanguinosa battaglia di Campaldino dove, tra i «feditori» fiorentini, si arruolò anche Dante per combattere contro i ghibellini di Arezzo e Pisa. I «feditori» erano cavalieri in prima linea, con spada, elmo e un'armatura di maglia, Dante faceva parte di loro solo per un debito d'onore. Firenze aveva infatti chiamato a alle armi tutti gli uomini dai 15 anni in su. «Solo rischiando di perdere la vita avrebbe saputo trovare le parole giuste, capaci di esprimere ed evocare una forza vergine e sublime. Si sarebbe sporcato le mani».


Il resoconto di quest'esperienza si ritrova nel canto V del Purgatorio: il trauma e l'orrore del combattimento descritto con la violenza dei corpi dilaniati, martoriati e scomposti. In questi versi incontra anche Bonconte da Montefeltro, condottiero della fazione opposta, ucciso proprio a Campaldino. Dopo aver partecipato a questo conflitto la sensibilità di Dante è intaccata per sempre. Strukul lo narra molto bene, usando il giudizio della mente moderna capace solo di condannare la barbarie della guerra.


Poi su un dettaglio importante però l'autore si abbandona all'immaginazione: inventa la grande amicizia fra Giotto e Dante. Due giovani, quasi coetanei, che si frequentavano e condividevano sogni e sensibilità artistica in un periodo così buio. In realtà non esiste alcuna prova che i due si conoscessero, l'unico dettaglio che avvalora l'azzardo di questa ipotesi è che entrambi, in quegli anni, vivevano a Firenze. E allora forte di questo dato cronologico, nella trama i due si frequentano e addirittura combattono fianco a fianco, con determinazione e disperazione, nel massacro di Campaldino.


 

 


25/04/2021

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