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21-07-2023
DICEVANO DI AMARLE
LE HANNO UCCISE
Di Bruno De Stefano
Bruno De Stefano racconta in "l femminicidi che hanno sconvolto Italia" i casi di Giulia Tramontano, Sarah Scazzi, Yara Gambirasio, Meredith Kercher, Chiara Poggi e altri
Da tempo, e con un’angosciante frequenza, le cronache raccontano violenze d'ogni tipo. In questa alluvione di brutte notizie sono soprattutto i femminicidi a suscitare le reazioni più forti, che spesso oscillano tra lo smarrimento e l’orrore.
Questo flusso inarrestabile produce però un pessimo effetto collaterale: porta inevitabilmente a dimenticare in fretta nomi e volti e mentre proviamo compassione per una vittima, ecco che qualche giorno dopo i media danno notizia di un altro doloroso episodio che ci fa dimenticare rapidamente quello precedente.
La casistica contenuta ne I femminicidi che hanno sconvolto l’Italia offre una visione complessiva di un fenomeno molto più tragico di quanto si possa immaginare: una storia alla volta fa un certo effetto, ma cento storie una dietro l’altra non possono che suscitare emozioni fortissime.
Se molti delitti commessi in nome del potere o del denaro possono essere considerati persino fisiologici - perché è da sempre che la gente ammazza per il potere o per il denaro - si fa davvero una gran fatica nel comprendere le ragioni che spingono un uomo a uccidere la donna che diceva di amare.
E lo sforzo raddoppia quando si prova a capire perché l’assassino ha voluto punire la vittima con un’efferatezza che spesso supera anche la più torva immaginazione. Anche chi per ragioni professionali è abituato a maneggiare storie di sangue - carabinieri, poliziotti, magistrati e cronisti di nera - resta sgomento di fronte a storie che sembrano talvolta delle sceneggiature da film horror.
Nella stragrande maggioranza dei casi, oltre al dolore che si prova davanti a tante vite stroncate, lasciano profondamente turbati le modalità con le quali gli uomini hanno ucciso mogli, fidanzate, compagne, madri e - purtroppo - anche figlie in tenera età.
Raramente siamo di fronte ai cosiddetti delitti d’impeto, cioè a crimini commessi per una improvvisa e incontrollabile esplosione di rabbia. Il più delle volte si tratta di esecuzioni che suscitano un certo raccapriccio anche perché precedute dal cinismo nella pianificazione del crimine e dalla freddezza con la quale si prova a occultare le prove, depistare gli inquirenti, e a fingersi innocenti agli occhi dei familiari delle vittime.
E in questo senso, è emblematico il recente caso di Giulia Tramontano, trucidata nel maggio scorso a Milano: il fidanzato, dopo averla massacrata, ha organizzato una colossale messa in scena per allontanare da sé i sospetti; e, per evitare la galera, ha mentito ai genitori di lei, agli inquirenti e anche all’altra ragazza con la quale aveva una relazione parallela. Un delitto doppiamente atroce se si pensa che Giulia portava in grembo il figlio che sarebbe nato due mesi dopo.
Ma in una ipotetica galleria degli orrori, il destino della Tramontano non è da considerare il più macabro. A migliaia di chilometri di distanza qualche anno prima, precisamente a Trapani, una donna incinta al nono mese è stata portata in aperta campagna, finita a picconate e poi data alle fiamme dal marito e dalla sua amante. E l’uomo ha ordinato ai figli di mentire ai carabinieri; fortunatamente i ragazzi non hanno accettato l‘idea di nascondere la verità sulla morte della madre e hanno raccontato tutto agli inquirenti. In provincia di Caserta, invece, un pizzaiolo dopo aver ucciso la compagna, l’ha bruciata nel forno del suo locale. Un modo per far sparire il cadavere tanto ingegnoso quanto raccapricciante; il tentativo è fallito anche perché la mattina dopo, chi abitava nei dintorni ha trovato della strana e appiccicosa fuliggine sui balconi e sulle auto parcheggiate.
È raggelante la fine di una ragazza che aveva iniziato una carriera da attrice hard. Un amore non ricambiato si è trasformato nel movente di un delitto consumato in maniera orrenda. L’uomo, che si era visto respingere, l’ha uccisa e l’ha fatta a pezzi: il corpo smembrato è stato abbandonato in un dirupo nei pressi di Bergamo, chiuso in quattro sacchi della spazzatura.
In due trolley, invece, sarà ritrovato il corpo sezionato di una ragazzina alle prese con problemi psicologici e di dipendenza: il suo carnefice l’ha ammazzata e fatta a pezzi, infine l’ha infilata in due valigie abbandonate nei pressi di Macerata. Prima di ucciderla l’aveva pure violentata.
Qual è l’arma più usata dagli assassini?
L’arma adoperata con maggiore frequenza è il coltello. Ciò che sorprende è che in alcune circostanze i killer non si sono limitati a sferrare solo qualche fendente, ma in preda al delirio hanno massacrato la persona che dicevano di amare chi con 115 coltellate, chi con 60, chi con 40: vengono i brividi solo a pensarci. Uno dei casi giànoti è quello di Melania Rea, della quale si è parlato di recente perché il marito-assassino, Salvatore Parolisi - condannato a 20 anni di carcere - ha iniziato a usufruire dei permessi premio. Melania non solo fu ammazzata con 35 coltellate, ma sul suo corpo furono praticati diversi sfregi (perfino una svastica) allo scopo di attribuire l’omicidio a un inesistente maniaco.
I corpi “murati”
Senza cadavere è complicato condannare un sospettato. E infatti c’è chi ha provato a murare il corpo della vittima, in maniera tale che nessuno potesse mai ritrovarlo. Ma, come sappiamo, il delitto perfetto non esiste. Ed ecco che un promoter finanziario è stato beccato mentre tentava di costruire una nicchia nello scantinato della casa della madre dove avrebbe nascosto per sempre una cliente che aveva raggirato e ucciso; e c’è poi il caso di un operaio incastrato da un cane molecolare, che nel suo appartamento ha individuato i resti della compagna ben occultati dietro una parete. Il ritrovamento più sconcertante è avvenuto in provincia di Bergamo dove un bancario ha ucciso moglie e figlia (ma prima aveva ammazzato la suocera) e le ha murate nella casa che aveva poi abbandonato simulando un trasferimento in Germania. A scoprire i corpi era stato Antonio Di Pietro, all’epoca sostituto procuratore a Bergamo.
21/07/2023