A vanvera o a ufo: perché si dicono i modi di dire


I SEGRETI DEI MODI DI DIRE
In un libro raccolte 300 espressioni idiomatiche: «Sono tracce della memoria collettiva»
Nino Materi su Il Giornale


Per "sbarcare il lunario" sono pronto a "combattere contro i mulini a vento", ma non "alle calende greche". Nello stesso periodo, tre frasi fatte (o modi di dire, o espressioni idiomatiche). La verità è che noi tutti, di queste formule, siamo schiavi inconsapevoli. Neppure il tempo di aprire bocca ed ecco impacchettarsi, a nostra insaputa, formule linguistiche masticate e rimasticate da una vita, ma che continuiamo a riproporre perfino illudendoci che siano originali. Vale per il parlato ma pure per lo scritto. Nessuno si salva. Ci cascano pure fior di romanzieri e la crema dei giornalisti. Quante volte, per esempio, ci siamo lasciati cullare dal banale e rassicurante dondolio del «parlare a vanvera» con l’effetto di far venire il «latte alle ginocchia» a chi magari non ha avuto la ventura di «nascere con la camicia»? Ma visto che non riusciamo proprio a liberarci dalla dipendenza di questa specie di slot-machine del riciclo lessicale, sarebbe almeno utile scoprire qual è l’origine sconosciuta dei famigerati «modi di dire».

A tal fine può essere utile il libro di Saro Trovato (sociologo esperto di comunicazioni di massa e fondatore di Libreriamo) che ha, appunto «trovato» (nomen omen) l’origine di ben 300 espressioni idiomatiche che intercalano il nostro eloquio con la stessa ripetitività con cui il conte Barambani dava  dava della "merdaccia" al povero Fantozzi. Il volume si intitola Perché diciamo così  (Newton Compton Editori)  e l’autore lo definisce un «divertente libro di società» ricco di curiosità, che si può leggere da solo, condividendo in famiglia o con gli amici, per giocare alla conoscenza e alla scoperta delle frasi fatte. Un “dizionario” indispensabile per un uso più consapevole del linguaggio». I 300 detti sono catalogati in base all’argomento trattato, all’origine e alla loro storia, con tanto di indice alfabetico per «aiutare il lettore nella vriegata spiegazione delle espressioni idiomatiche». «Ogni modo di dire – sostiene Saro Trovato – nasce all’interno di una data cultura, civiltà, epoca storica diventandone testimone, ambasciatore. Uno degli obiettivi del libro è proprio questo: ridare dignità a tutti quei modi di dire che rischiano di essere dimenticati e di scomparire dalla memoria collettiva. Il loro merito è trasformare le parole in immagini, per certi versi sono una rappresentazione visiva della lingua».

Ne abbiamo scelte dieci tra le più gettonate, svelandone il mistero: «a buon intenditor poche parole».

 

 


25/11/2020

Scarica file PDF allegato