Storia vera di una bambina sopravvissuta all'Olocausto: ELLE.it intervista Charlotte de Grünberg nella Giornata della Memoria 2018


A otto anni è costretta a scappare dai nazisti attraverso l'Europa. Il ricordo spietato del suono degli stivali e la sensazione costante del respiro che manca non l'abbandoneranno più

di Barbara Rossetti

Come hanno vissuto i bambini durante l'Olocausto? Come è stata poi la vita dei superstiti dopo quegli anni di inferno? In Italia abbiamo una illustre testimone vivente: Liliana Segre. Sopravvissuta ad Auschwitz, è stata appena nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica italiana per "aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale" e per il suo impegno nel coltivare la Memoria. Ne siamo orgogliosi. Molti sopravvissuti sono esempi di stupefacente resilienza, nonostante le loro esperienze sorridono ancora con gentilezza e trovano la forza di riattraversare il dolore condividendo ricordi terribili. Una catarsi necessaria per onorare chi non c'è più, per non dimenticare. E fare in modo che certe cose non succedano ancora. In nessun altra modalità. Anche Charlotte de Grünberg è una sopravvissuta. Ebrea di origine polacca, nel 1940 viveva in Francia e aveva otto anni quando ha dovuto vagare per l'Europa con la sua famiglia per sfuggire all'occupazione nazista. Un viaggio disperato per scansare la ferocia anche solo di pochi metri e infine salvarsi, nella più totale incredulità. La sua esperienza è raccontata in un'opera di finzione ispirata alle storie vere dei suoi protagonisti. È grazie a Charlotte, a Domingo e a molte altre persone che hanno contribuito con informazioni e documenti, che Ruperto Long ha potuto scrivere il libro La bambina che guardava i treni partire, edito da Newton Compton. Un intreccio di percorsi incalzante, ricco di valore storico e corredato da foto d'epoca originali. Ecco l'intervista esclusiva di Elle.it alla sua protagonista (che ora vive in Uruguay) seguita da uno struggente estratto dal libro. È una parte che descrive molto bene la figura della madre di Charlotte. Un fondamentale modello emotivo di forza e tenacia, ma anche di fiducia malgrado tutto.

Le esperienze che ha vissuto nella sua infanzia sono incredibilmente dolorose: come ha deciso di renderle pubbliche mettendole per iscritto in un libro?

Non avrei mai immaginato di diventare la protagonista di un libro. La mia non era riluttanza a parlare delle esperienze che ho fatto. Solo pensavo che in questo mondo, oggi, ieri e probabilmente in tutti i casi, è difficile trasferire il vissuto individuale in un contesto storico. È complicato, ma Ruperto Long mi ha convinto che ne valeva la pena. Perché la mia vita in questo modo contribuiva a comporre la storia di un'era.

Ai tempi dei fatti -reali- narrati nel libro era solo una bambina. Cosa aveva capito della situazione?

Nel 1939 I miei genitori diedero ospitalità a una ragazza nella nostra casa di Liegi. Fu grazie a lei che capimmo cosa c'era da aspettarsi dall'occupazione nazista. La cosa più strana fu che arrivò da noi portandosi una valigia piena di abiti per andare a ballare. Immaginate l'incongruenza tra quello che aveva visto, il suo racconto della condizione degli ebrei in Germania a quel tempo e il contenuto della sua valigia!

Qual è il suo ricordo più vivo della sua fuga attraverso l'Europa?

Il suono degli stivali e la paura come presenza costante.

Cosa è successo nel giorno in cui Lei e la sua famiglia avete lasciato l'Europa per andare in Sud America?

In realtà non avevamo programmato di lasciare l'Europa, mio padre aveva organizzato il viaggio in Uruguay per passare un po' di tempo in famiglia. Lì vivevano i suoi genitori e i fratelli che si erano trasferiti a Montevideo nei primi anni '20. La situazione diventò "permanente" perché nella prima settimana del mio arrivo incontrai il mio futuro marito e i miei genitori decisero di fermarsi lì per non dividere la famiglia. Alla fine mi adattai senza problemi al mio paese di adozione.

Come ha fatto a elaborare un carico di emozioni così forti e al limite della sopportabilità umana?

È difficile riuscire a immaginare cosa si prova a venire strappati dalla terra in cui si è nati, la rottura violenta con tutte le piccole abitudini della "vita normale" rappresenta una sorta di morte civile. Vivi nella paura perpetua, senza potere andare a scuola, senza gli amici e le sicurezze di tutti i giorni.

Una cosa che fa parte di Lei e non l'ha mai abbandonata.

La determinazione ad andare avanti, nonostante i pericoli e le difficoltà. La sensazione di affanno continuo che ho provato lungo l'attraversamento della Francia non mi ha mai abbandonato nei tre anni seguenti. L'esilio abbonda di silenzi e mutismo.

Lei ha dichiarato al quotidiano La Nación: "Hay niños refugiados que están muriéndose en todo el mundo sin haber recuperado nunca la posibilidad de una vida. Eso da para pensar, salirse de lo que es uno, su propio dolor y su mochila. Las circunstancias actuales invitan a que uno no se olvide de que el otro existe".

Quando osservo la situazione dei rifugiati di adesso, tutte quelle persone che rischiano la vita su mari, strade, montagne, avverto inevitabilmente una sensazione da brivido di deja vu. La domanda è: abbiamo imparato qualcosa?

"...In quei giorni, i nostri genitori ci insegnarono come cavarcela se fossero stati fatti prigionieri e noi avessimo dovuto rimanere soli. Mamma nutriva ancora dei buoni sentimenti per consigliarci: «Qualsiasi cosa vi succeda, non provate mai odio per gli altri: avvelena soltanto voi stessi». Non avevamo giocattoli. «Le mani di un bambino hanno bisogno di rimanere in attività», ripeteva spesso Blima. Per questo prendeva dalla strada i tracts o volantini che i nazisti e i collabos di Vichy spargevano - la città di Lione era sempre inondata di quei miserabili slogan - e con santa pazienza di madre ci fabbricava dei giocattoli o ci preparava dei fogli di carta per lavoretti fai-da-te. Era grottesco: vivevamo rinchiusi in un guardaroba e ingannavamo la noia svagandoci con i volantini... in cui si esortava a denunciare gli ebrei nascosti!"

Fonte: Elle.it 27/01/2018


27/01/2018

Scarica file PDF allegato