Snowden secondo Stone, meno ideologia e più thriller


Fonte: Il Secolo XIX

A cura di: Natalino Bruzzone

Un Grande Paese o un Grande Fratello? È l`America del dopo 11 Settembre che brucia sui carboni ardenti della salvaguardia nazionale trovando l`unico antidoto nella forma più capillare di controllo globale. Tutto sarà intercettato, tutto sarà registrato, dal telefono alle e-mail. In patria come nell`intero pianeta. Spiare per prevenire: non solo gli Stati canaglia ma anche gli alleati. La riservatezza e il privato saranno sacrificati al moloch della paura e all`angoscia, nient`affatto priva di fondamenta, di subire nuovi devastanti attentati. Però una simile dimensione d`orecchio gigantesco e implacabile fagocita anche i diritti sanciti dalla Costituzione. E, dunque, trionfano la teoria e la prassi che rinunciando a qualche libertà individuale inalienabile si aumenta, quasi in automatico, la sicurezza. Il cittadino potrebbe anche accettare il compromesso ma nessuno gli sottopone il quesito. Per ragioni di segretezza, perché l`Intelligence non può scoprire le carte che ha tolto, con astuzia, dal mazzo mentre sa perfettamente che cosa hanno in mano amici e nemici. Basta che la regola del silenzio non venga infranta. E, invece, lo sarà. Storia vera, non immaginazione profetica alla Orwell. "Snowden" di Oliver Stone, da giovedì nelle sale, la racconta con un incipit, datato 2013, folgorato dall`atto culminante: nella stanza di un albergo di Hong Kong Edward Snowden, giovane genio dei computer, ex specialista informatico della Cia ed ex collaboratore a contratto della Nsa, rivela ai giornalisti del Guardian e alla documentarista Laura Poitras, come gli Stati Uniti abbiano realizzato, sperimentato e spedito all`opera programmi che s`impadroniscono di qualunque informazione attraverso l`assorbimento del quotidiano di chiunque. E, poi, tra passato e presente, a cominciare da quando nel 2004 dovette rinunciare per un grave infortunio ad entrare nei corpi speciali dell`esercito, si apre l`esistenza di chi viene considerato un eroe o un traditore. Tra il Maryland e la Svizzera, tra le Hawaii e la Russia dove, infine la "gola profonda" del Terzo Millennio si rifugia ottenendo asilo. Edward si considera un patriota, che crede negli Usa, ma deluso sia da Bush sia da Obama, ha abbandonato posizioni conservatrici per una missione di divulgazione che sarebbe un gran fiore all`occhiello per i liberali. Ha prezzi da pagare: stress, depressione, difficile rapporto con la compagna (che comunque lo ha raggiunto a Mosca) e gli improvvisi attacchi di epilessia.
Ideologia d`assalto e paranoia spianata stavolta non sono il fulcro su cui si muove la macchina da presa di Stone, nonostante il materiale sia incandescente e contenga le parole che fanno scattare il regista come una molla: governo invisibi- le, complotti, la prevalenza dei profitti dell`industria bellica, l`alibi del Terrore per gli affari di un`architettura dell`oppressione silente che potrebbe consegnare ai governi le chiavi di una mascherata dittatura. L`autore di "JFK" preferisce la classicità di montaggio e di modello narrativo ai suoi impulsi artistici perennemente visionari. Forse perde in creatività, ma in compenso firma un anti-biopic (tratto dal libro di Luke Harding edito da Newton Compton) scevro di tedio. In realtà "Snowden" è un thriller puntiglioso ed emozionante (in tonalità fredda), grondante indignazione civile. Una riuscita piena, convinta, pur con svolazzi inutili, che mette a segno, per esempio, i memorabili ritratti di due opposti spiocrati alla John le Carré: l`incantatore di serpenti della Cia, Corbin O`Brian e il mago punito delle invenzioni non invasive dell`altrui vita. Hank Forrester, resi più che credibili da Rhys Ifans e Nicholas Cage. L`interpretazione di Joseph Gordon-Levitt, nel ruolo del titolo, è miracolistica e soggiogante. Nel finale appare anche il vero Snowden. Poveraccio, ora non solo è il numero uno dei ricercati, ma potrebbe persino diventare un regalo dibenvenuto da parte di Putin all`amico della Casa Bianca, Donald Trump. Obbedire sempre ha i suoi vantaggi, la rivolta no. Per fortuna c`è anche chi la democrazia la esporta non in punta di baionetta ma di coscienza.
 


21/11/2016