"Se io sarei" una capra: gli errori (altrui) più odiati


PRIMA L'ITALIANO Strafalcioni nell'era della comunicazione digitale 
Abbiamo chiesto alla sociolinguista Vera Gheno di elencarci gli errori più comuni nell'era della comunicazione digitale. 

di Vera Gheno


Viviamo tempi schizofrenici. Molte persone sono convinte che oggi il contenuto sia più rilevante della forma. A questa affermazione va aggiunto un correttivo: il ragionamento fila quando si tratta della nostra comunicazione, ma non si applica a quella altrui. Se sono gli altri a sbagliare, o a esprimersi con sciatteria, siamo prontissimi a diventare i più accaniti e indignati difensori della norma linguistica: ci sono delle regole, perbacco!

Proprio dall’osservazione dello strano rapporto tra la norma e l’uso nasce l’idea di questo elenco degli errori più odiati dagli italiani (sempre, ovviamente, quando li commettono gli altri). Ognuno di essi viene, per vari motivi, considerato come un segno inequivocabile della decadenza dei costumi linguistici degli italiani. Vediamoli.

1. Presentarsi cognome+nome: “Salve, sono Rossi Mario!”. In Italia, invertire l’ordine “naturale” nome+cognome è ammesso solo nelle elencazioni alfabetiche, nelle quali, di norma, anteponiamo il cognome. Mai farlo nel presentarsi, sia di persona che al telefono (o su WhatsApp). L’effetto-bifolco, ahinoi, è garantito.

2. Qual’è scritto con l’apostrofo invece che senza, come sarebbe più corretto secondo quanto abbiamo appreso, in linea di massima, a scuola. Andrebbero fatti dei distinguo: nonostante che l’accanimento delle persone contro quel segnetto quasi impercettibile sia estremo, alcuni linguisti affermano che qual sarebbe un relitto ottocentesco, e che quindi sarebbe giustificabile dare il via libera alla grafia apostrofata. Ma la maggioranza delle persone ha, davanti a qual’è, attacchi di ira inconsulta.

3. C’è ne invece di ce n’è. Vorrei parzialmente giustificare questo errore: in molti casi, è colpa del correttore del telefonino che interviene a modificare, alquanto arbitrariamente, la nostra digitazione. In ogni caso, se ci diamo questa giustificazione quando capita a noi, quando succede agli altri siamo sempre pronti ad alzare il ditino stizziti.

4. Se io sarei. Chiaro: se io dico se io sarei un poeta, canterei l’azzurro dei tuoi occhi, probabilmente la persona con cui avrei voluto uscire a cena mi pianterà in asso. Però attenzione a non iper-stigmatizzare il povero se io sarei, che è errore osceno se usato al posto di se io fossi, ma perfettamente corretto nelle interrogative indirette: “Mi hanno chiesto se io sarei in grado di risolvere quel problema”.

5. Sbagliare le h. “L’hanno scorso o speso troppi soldi”. E li hai spesi male, perché avresti dovuto comprarti una grammatica per ripassare le h. Sulle h ci arrabbiamo sempre tutti, sono il segnale di scarsa cultura.

6. Gli per le. Mentre, almeno nel parlato, gli per loro è accettato senza troppi complessi, gli per le provoca ancora sguardi di riprovazione. “Ho chiamato Giovanna e gli ho detto che...” solo se sei conscio del fatto che a qualcuno andrà il boccone di traverso e verrai considerato davvero un ignorante.

7. Pò: un altro microsegno – l’accento invece del corretto apostrofo, po’ – che scatena gli istinti più violenti. È un erroraccio, certo, ma ce ne sono di peggiori. E invece questo assurge a segnale sicuro di una competenza linguistica insufficiente.

8. Piuttosto che usato in modo disgiuntivo invece che avversativo. In italiano standard si dice “preferisco mangiare le patate piuttosto che il riso”, indicando una preferenza. A Milano, e anche altrove, si formulano frasi come “Non so se mangiare patate piuttosto che riso piuttosto che insalata”, intendendo “Non so se mangiare patate o riso o insalata”. Il piuttosto che disgiuntivo si è diffuso negli ultimi decenni anche nell’uso di persone colte. Ciononostante, per molti che non lo sentono come “naturale” e facilmente comprensibile, è considerato ancora molto fastidioso, oltre che fuorviante.

9. Uscire il cane e altri usi transitivi di verbi intransitivi. È bene ricordarlo: la Crusca non li ha “sdoganati”, anche perché non ha il ruolo di rilasciare patenti di correttezza linguistica. L’uso transitivo di verbi intransitivi attiva purtroppo sgradevoli pregiudizi legati alla prevalenza di tali impieghi nelle parlate meridionali. Eppure, nei contesti comunicativi informali di molte regioni (soprattutto, ma non solo, del sud) tali usi sono ampiamente e storicamente diffusi. Insomma, scendete la borsa senza alcun problema se siete alla stazione di Napoli, ma evitate di farlo a Milano, se non volete essere guardati storti.

10. Se lo sapevo non venivo: lo sanno tutti che la forma corretta è se lo avessi saputo non sarei venuto. Ma usare l’imperfetto è del tutto naturale in situazioni informali. Basta pensare, del resto, che Manzoni usa costruzioni simili nei Promessi Sposi. Insomma, prima di adombrarvi troppo, chiedetevi se l’uso non sia invece giustificato da un contesto non eccessivamente formale.

Fonte: Il Fatto Quotidiano 25/11/2019


23/11/2019

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