Questione di like o di morte


di Roberto Croci

Nerve ci catapulta all’interno di un adrenalinico gioco via web. Ne abbiamo parlato con i registi Joost & Schulman: «Il pericolo è che qualcuno ci giochi davvero».

LOS ANGELES. «Per cosa giochi? Follower, like, vendetta, soldi... Sei spettatore o giocatore?». Si presenta con queste premesse Nerve, il nuovo film diretto da Henry Joost e Ariel Schulman che incontriamo a Los Angeles prima dell’uscita italiana del film. I due registi sono diventati celebri per Catfish, il docufilm del 2010 che raccontava la storia di Nev Schulman (il fratello del regista) e della sua relazione con una ragazza (inesistente) conosciuta su Facebook. Dopo il successo al Sundance Festival Catfish è diventato una serie di Mtv dove si raccontano verità e bugie delle relazioni online. Joost e Schulman, migliori amici da una vita, lavorano sempre in coppia e insieme hanno creato Supermarché, una società di produzione di video, corti, spot pubblicitari e film. Tra i loro lavori più famosi Viral e Paranormal Activity 3 e 4, che hanno incassato oltre 350 milioni di dollari. Basato sul romanzo di Jeanne Ryan, Nerve è un social game immaginario, una versione spinta di Obbligo o Verità? dove i giocatori vengono premiati dagli spettatori con soldi, fama e milioni di like. Con Emma Roberts (nipote di Julia) e Dave Franco (fratello di James) il film arriva nelle sale italiane il 15 giugno.
Come avete scoperto il libro?
Schulman: «È stata Allison Shearmur, una delle produttrici del film che conosce i nostri gusti alla perfezione, a farci leggere il romanzo di Jeanne Ryan. Nerve è un gioco estremo che non esiste ma Assolutamente verosimile. Ma è sin dai tempi di Catfish che siamo interessati a ciò che riguarda internet, nel bene e nel male».
Joost: «Della storia abbiamo trovato interessante la continua lotta per diventare famosi sui social media. È come se la vita dei protagonisti, e di tutti noi, sia diventata un gioco. Tutti facciamo a gara per ottenere un like e L’approvazione degli estranei. Volevamo fare un film sullo stile di quelli che ci piacevano quando eravamo ragazzi, come Risky Business. Fuori i vecchi...i figli ballano con Tom Cruise».
Che tipo di ricerche avete fatto per preparare il film? E che cosa avete scoperto?
Joost: «Sapevamo di giochi, meno sofisticati, che utilizzavano i social media, tipo la caccia al tesoro su Twitter o Facebook, ma non eravamo in grado di capire se Nerve era tecnologicamente fattibile. Per far funzionare il gioco è necessario uno streaming live di alta qualità e senza interruzioni. Proprio mentre stavamo per iniziare a girare il film è stata lanciata Periscope, l’app di Twitter per streaming video, e ci siamo resi conto che non solo Nerve era fattibile, ma aveva anticipato la realtà. Poi ci siamo confrontati con programmatori e hacker per capire come creare una piattaforma realistica e abbiamo intervistato molti teenager per sapere se un gioco simile li avrebbe appassionati. Molti di loro ci hanno risposto che forse non avrebbero partecipato, ma di sicuro lo avrebbero guardato».
Schulman: «Abbiamo studiato anche il deepweb, dove l’identità può restare segreta e dove un gioco come Nerve può essere pericolosissimo. Siamo coscienti di trattare un argomento a rischio perché qualcuno potrebbe farsi ispirare dal libro e dal film per rendere reale Nerve. Il caso Blue Whale Challenge, il terribile gioco che spingerebbe gli adolescenti a suicidarsi, ne è un esempio. La cosa che ci ha scioccato di più è che un’altissima percentuale di persone, adulti compresi, sarebbero disposti a qualsiasi cosa pur di diventare popolari sul web. Farebbero di tutto per diventare un’altra persona e piacere a tutti. Persino i miei nonni ogni volta che postano una fotografia stanno li a contare con ansia quanti like hanno ricevuto».
Catfish è di sette anni fa. Come è cambiato il mondo da allora?
Joost: «Tantissimo. Ai tempi di Catfish tutto passava attraverso computer di casa, oggi internet ci segue ovunque, è mobile come la nostra stessa esistenza».
Schulman: «Quando abbiamo girato Catfish non esistevano le app e nessuno aveva telecamere ad alta definizione nel telefono, oggi è quasi impossibile trovare qualcuno che non ce l’abbia. Nel 2010 la gente era molto preoccupata dell’invasione della propria privacy, mentre oggi per molti ragazzi non è assolutamente un problema divulgare volontariamente informazioni personali. Credo che George Orwell si stia rivoltando nella tomba».
Perché avete scelto proprio New York per girare Nerve?
Joost: «È una città versatile, molto cinematografica, soprattutto di notte. Volevamo catturare l’atmosfera vissuta da ragazzini, quando uscivamo di sera e tutto era bellissimo, eccitante, pericoloso».
Schulman: «Siamo stufi di guardare film ambientati a New York ma girati in altre città. New York ha un’energia speciale, volevamo coglierla girando con molta luce naturale. La New York notturna, poi, ha una bella combinazione di futuro e passato, tecnologia e storia».
Da cosa vi siete fatti ispirare per girare il film?
Schulman: «YouTube, dove si trovano filmati incredibili. Molti li abbiamo acquistati da ragazzi sparsi per il mondo e li abbiamo inseriti nel film».
Il futuro nei prossimi cinque anni?
Joost: «Non crediamo nell’apocalisse. In tutti i nostri lavori cerchiamo sempre di dare una visione positiva del mondo e del futuro della società. Non so quali diavolerie si inventeranno, ma spero abbiano un impatto positivo sulle nuove generazioni. Internet è uno strumento, sta a noi decidere di usarlo in modo costruttivo. Pokémon Go, per esempio, è stato un esempio positivo perché ha fatto uscire i ragazzi dalle stanze, dall’isolamento in cui si sono rinchiusi, e li ha fatti andare nel mondo reale a interagire con altre persone. Noi siamo nati prima di internet, e nonostante siamo cresciuti con i social media, abbiamo ancora una connessione forte con un mondo che non esiste più. Né io né Ariel abbiamo dei figli ma sono convinto che anche i ragazzi, nonostante stiano sempre con il telefono in mano, mantengano una connessione con il mondo reale e la protesta politica anche se attraverso la mediazione dei social network».
La musica è molto importante nel film. Qual era l’atmosfera che volevate dare?
Schulman: «Volevamo che fosse elettronica, futuristica, digitale ma anche pop, piacevole da ascoltare guidando. Abbiamo scelto anche artisti meno conosciuti come Borns, Icona Pop, Halsey, Krewella e Melanie Martinez».
Joost: «Visivamente volevamo ricreare un’atmosfera simile a quella dei film di Wong Kar-wai. Siamo suoi fan, è un regista straordinario, almeno quanto i nostri preferiti: Woody Allen, Steven Spielberg e Luc Besson».
Il vostro prossimo progetto?
Schulman: «Un adattamento del romanzo The Monkey Wrench Gang (I Sabotatori) di Edward Abbey, del 1975. È un libro culto dell`universo ecologista radicale americano, una pietra miliare contro l’American way of life. Un soggetto molto interessante che ci porterà a esplorare tanta natura. E non solo umana».

Fonte: Il Venerdì 02/06/2017


02/06/2017

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