Per capire Maria de' Medici mi sono ispirato alle rockstar


Il vincitore del Bancarella conclude la saga sui signori di Firenze
protagonista la regina di Francia, bella, potente, sfarzosa

di Matteo Strukul

Capii di voler scrivere una saga sui Medici quando, leggendo le Istorie Fiorentine di Niccolò Machiavelli, scoprii che Cosimo il Vecchio era stato esiliato a Padova, la mia città natale. Fu una rivelazione. Condividere la passione per i Medici con Newton Compton, l'editore che aveva pubblicato oltre venticinque saggi sulla grande famiglia rinascimentale, fu fondamentale, e quando uscì il primo romanzo, Una dinastia al potere, che balzò fin dalla seconda settimana ai primissimi posti della classifica generale dei libri più venduti, rimasi di stucco. Negli stessi giorni l'intera trilogia era stata venduta in molti Paesi alla Fiera di Francoforte e io mi ritrovai catapultato al centro del mio sogno: diventare un romanziere letto da molte persone. E la mia vita, da allora, è cambiata in modo radicale. Perché conquistare tante lettrici e tanti lettori è una responsabilità non indifferente, perché sempre di più vorresti scrivere romanzi colmi di malia e fascino, di ritmo e colpi di scena. Perché i miei eroi sono stati, fin da bambino, Omero e Dante Alighieri, William Shakespeare e Alexandre Dumas, Umberto Eco e Joseph Roth, Robert Louis Stevenson e Heinrich von Kleist. E se qualcuno mi chiedesse, oggi, qual è la più bella scena d'amore di sempre, sceglierei ancora l'addio di Ettore ad Andromaca alle Porte Scee, prima del duello contro Achille. E se mi domandassero qual è il mio personaggio preferito non esiterei a citare Michael Kohlhaas e Milady de Winter, o Long John Silver e Farinata degli Uberti. E dunque è di quei personaggi e di quelle letture, e di molte altre, che è popolata la mia giornata, poiché nel cercare in ogni istante la lingua giusta per il nuovo capitolo del nuovo romanzo, io non posso che rifarmi ai modelli alti che sempre hanno rappresentato una meraviglia cui provare a tendere.

Quanto è incredibile poter tornare con D'Artagnan, Athos, Porthos e Aramis alla questione dei fermagli di diamanti? E quanto sconvolgente è leggere del viaggio di Jonathan Harker lungo le gole dei Carpazi, prima di giungere al castello del conte Dracula? Ecco, quei colori, quelle suggestioni, quelle figure archetipiche sono alla base delle mie storie e ne rappresentano la linfa. E da quelle suggestioni giunge la scena d'apertura del mio prossimo romanzo dedicato a Maria de' Medici, quando la giovane giunge alla casa di Passitea Crogi, venerabile serva di Dio, che le profetizza la futura corona di Francia. E in quell'incipit ho provato a distillare il medesimo senso di fatalità e inquietudine che ho letto negli sguardi di Billy Bones all'inizio de L'isola del tesoro: nella scena in cui il pirata spia il paesaggio alla ricerca dei vecchi compagni, quelli che arriveranno a fargli la pelle per rubargli la mappa di Flint.

E poi Maria de' Medici, protagonista di Decadenza di una famiglia, con cui concluderò la tetralogia dedicata alla dinastia fiorentina, è una donna di grande bellezza: maestosa e affascinante, ama l'arte e commissiona a Pieter Paul Rubens un grande ciclo di tele per celebrare la propria vita, sceglie come consigliere il Cardinale di Richelieu, sopravvive a intrighi di ogni sorta, evade dal castello di Blois in una notte fischiante di vento e neve. Maria è un'autentica eroina, un personaggio storico indimenticabile, proprio come Caterina, Lorenzo e Cosimo, è insomma una rockstar ante litteram, capace di intuire come splendore e potere vadano di pari passo, in grado d'indossare un abito di taffetà, trapuntato con trentamila perle e oltre tremila diamanti, al solo scopo di mostrare tutto il proprio regale splendore.

Anche questa volta, come già in precedenza, dopo aver studiato e poi scritto il romanzo per intero, rileggerò il manoscritto a Berlino. E questa, in effetti, una mia consuetudine, forse legata a questa mia terra dell'anima che sempre mi chiama con le verdi fronde d'albero dei grandi viali, con la libertà dell'aria tersa e quel sole che filtra luminoso sugli Unter den Linden prima di arrivare alla Porta di Brandeburgo. Berlino o la Transilvania, altro luogo per me imprescindibile: gotico, selvaggio, punteggiato dai castelli arroccati sui Carpazi, mentre le città dai tetti con le tegole rosso sangue paiono ricordare che questa è terra di vampiri.

Insomma, forse qualcosa della vecchia Mitteleuropa, che ha dato i natali al mio nome, è rimasto incastrato nelle maglie della mia storia personale. Forse questo spiega il perché di certe asprezze violente e passionali nelle trame dei miei romanzi, poiché è vero: è nell'amore, quello viscerale e travolgente, nella violenza, nella corruzione del potere, nelle astuzie dell'intrigo, nello zolfo demoniaco del tradimento che trovo le miscele giuste per raccontare le mie storie. E tuttavia chi non troverebbe questi medesimi elementi in MacBeth o ne I masnadieri di Schiller? Non sono questi, dopo tutto, alcuni dei grandi temi che sempre fanno battere forte il cuore di noi lettori? Ecco: il mio tentativo è sempre stato quello di creare o ricreare mondi letterari dal fascino antico e proprio con I Medici questa cifra ha incontrato la massima carica iconografica possibile. I Medici riuscirono a sedurre una città come Firenze grazie all'amore per l'arte e la bellezza, favorendo il genio di uomini come Donatello, Raffaello, Michelangelo e Leonardo da Vinci, vale a dire la storia dell'Arte, quella che nessuno può toglierci. Forse è questo che ha stregato i lettori: la voglia di tornare alle nostre radici culturali, di celebrarne la memoria per comprendere meglio quell'identità che non dobbiamo smarrire nell'oblio ma che anzi abbiamo il dovere, in quanto italiani, di tener salda e ricordare ogni giorno.

Sia come sia, devo ai Medici e a Newton Compton la vittoria più importante della mia carriera: quella al Premio Bancarella. Solo a leggere i nomi dell'albo d'oro i miei polsi tremano. Pensare a Ernest Hemingway e Umberto Eco, a Boris Pasternak e Isaac Bashevis Singer, alcuni dei vincitori, ha il sapore della benedizione. Ora spero solo di riuscire a meritare un simile onore.

Fonte: TTL – La Stampa 29/07/2017


29/07/2017

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