Pablo Vierci - La società della neve


LO SCHIANTO DEL 1972

E LA MORTE NUTRÌ LA VITA: IL MIRACOLO DELLE ANDE

Valeria Vignale su Sette

 

Torna con un film la storia dei 16 sopravvissuti all'incidente aereo avvenuto a 4mila metri. Vennero ritrovati tre mesi dopo: erano stati costretti a cibarsi dei compagni. Il regista Bayona: "Per loro fu un'esperienza mistica"

 

“Non c'è gesto d'amore più grande che dare la vita per gli amici". Difficile immaginare che possano essere le ultime paroledette, o pensate, dal moribondo di un disastro aereo: in che modo si sarebbe sacrificato per salvare gli altri? Tutto si spiega con un luogo e una data: Cordigliera delle Ande, 13 ottobre 1972. Quel giorno inizia una storia di sopravvivenza tra le più inaudite dell'ultimo secolo. 

LO SCHIANTO

Un Fairchild FH-227D della Forza aerea uruguaiana, partito da Montevideo per portare una squadra di rugby a Santiago del Cile, si schianta tra neve e ghiacci della Valle delle Lacrime, a 4mila metri di altitudine, nel territorio del comune argentino di Malargüe. Dei 45 passeggeri, tra cui i giovani giocatori con amici e parenti, se ne salvano inizialmente 29. I soccorsi latitano, depistati come sono dalle ultime, erronee comunicazioni del pilota in balìa del maltempo. Nell'attesa i sopravvissuti tentano l'impossibile per resistere. Si rifugiano nella carlinga dell'aereo, soccorrendosi e curandosi le ferite, usando indumenti estratti dalle valigie e stando uno addosso all'altro per non congelare nelle notti a meno 30 gradi. E dopo 11 giorni, per non morire di fame, si tormentano sulla scelta più estrema e disturbante: cibarsi dei corpi di chi non ce l'ha fatta. Anche se il solo pensiero fa loro orrore, se fa a pugni con l'etica e la religione oltre che con lo stomaco. Alcuni arrivano a pronunciare una sorta di testamento biologico, il dono salvifico di sè agli altri nell'eventualità di morte.

Eventualità che si fa certezza per altri 13 con l'arrivo di tempeste e valanghe. Se a dicembre due di loro (Fernando Parrado e Roberto Canessa) riescono a raggiungere il Cile a piedi e chiamare i soccorsi, se alla vigilia di Natale 16 ragazzi vengono portati in salvo e sono ancora vivi, è grazie a quel tabù infranto in nome della sopravvivenza, al "sacrificio" - per alcuni volontario e consapevole - dei compagni di viaggio. L'atto di "cannibalismo", fuori da narrazioni preistorico-tribali, assume perfino contorni spirituali nel film che ripercorre la vera storia del disastro aereo. 

La società della neve di Juan Antonio Bayona, presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia e da pochi giorni su Netflix, candidato dalla Spagna agli Oscar come miglior film internazionale, si basa interamente sul racconto dei testimoni. È un "survival movie" sui generis, realistico, puntato su emozioni e sentimenti più che sull'avventura e l'eroismo dei protagonisti o la spettacolarità della situazione. È basato sull'omonimo libro di Pablo Vierci, scritto vent'anni fa con le testimonianze dei protagonisti e uscito aggiornato per le edizioni Newton Compton. "Saggio, romanzo e, a volte, poesia", l'ha definito il quotidiano El Mundo, perché sono i 16 sopravvissuti a "ricostruire ciò che è fuori e ciò che è dentro, la narrazione e l'orrore". 

"Ho letto il libro più di 10 anni fa e mi è stato di grande ispirazione per girare The Impossible, sulla vicenda di una famiglia colpita dallo tsunami del 2004 in Thailandia. E proprio una frase di Roberto Canessa, uno dei sopravvissuti delle Ande, mi diede l'idea del titolo" racconta a 7 il regista Juan Antonio Bayona, 48 anni, che ha diretto fra gli altri Jurassic World – Il regno distrutto (2018). "Sono entrambe storie di sopravvivenza psicologica oltre che fisica. Conoscevo le circostanze del disastro aereo ma La società della neve mi ha fatto capire i lati meno esplorati dalle cronache e che ho avuto voglia di sondare. Il senso di colpa di chi si è salvato, il loro legame profondo con chi non ha potuto tornare. Ho voluto concentrarmi su tutti i protagonisti, dare voce anche a quelli scomparsi. In un luogo dove la vita come la conosciamo non è possibile, tutto è da reinventare, anche le relazioni umane" […].


 


12/01/2024