Narcos 2, i 15 peggiori errori della serie secondo il figlio di Pablo Escobar


FONTE: Il Fatto Quotidiano

In un lungo post su Facebook, Sebastian Marroquin critica la fiction, ritenuta tutt'altro che veritiera. Si va dalle esagerazioni intorno all'evasione da La Catedral al ruolo della madre di don Pablo; dalle incongruenze storiche alla sbagliata caratterizzazione dei personaggi. E, alla fine, la tesi più controversa espressa dall'erede dell'allora re della cocaina: "Mio padre si è suicidato"

“In nome del mio Paese e per rispetto della verità reale dei fatti accaduti tra gli anni ’80 e i ’90 mi vedo costretto a esporre i gravissimi errori di una serie che si autoproclama veritiera, ma che invece è assai lontana dall’esserlo, e insulta pertanto la storia di tutta una nazione, di moltissime vittime e famiglie”. Firmato: Juan Pablo Escobar. E tanto basta per capire che la serie in questione è Narcos, la cui seconda stagione è stata da poco distribuita da Netflix.

Gli appassionati della serie TV lo conosceranno perlopiù come un bimbo grassottello coi capelli immancabilmente impomatati, sempre accanto alla sorella più piccola nell’atto di tirar calci ad un pallone o di tuffarsi nella piscina di una delle tante ville meravigliose del padre. Ma oggi Juan Pablo Escobar è una persona molto diversa dal personaggio che lo interpreta in Narcos: talmente diversa da aver cambiato persino il nome, scegliendolo a caso da un elenco telefonico. Oggi Juan Pablo Escobar si chiama Sebastian Marroquin, e di mestiere fa l’architetto. Ma evidentemente non rinnega le sue origini, e ci tiene a che la storia di suo padre e della sua famiglia non venga alterata. Ecco perché in un lungo post sulla sua pagina Facebook decide di segnalare i 28 errori commessi presenti nella serie: 28 circostanze in cui la narrazione cinematografica risulta infedele rispetto alla verità storica. Ne abbiamo selezionati 15, quelli che appaiono come i più evidenti, e ve li proponiamo. Con un avvertimento: nelle righe che seguono potrebbe esserci un po’ di spoiler.

1) Carlos Henao, il cognato di Pablo Escobar, “non era affatto un narcotrafficante”. Marroquin lo definisce un “grande e nobile uomo”, nonché “onesto lavoratore”. Era un “architetto che collaborò alla costruzione di alcune case, strade e ponti dell’hacienda Napoles”, la principale, sontuosa residenza del re della cocaina.

2) La Quica, uno degli uomini più fidati di Escobar, “fu arrestato a New York nel settembre del 1991″ per contraffazione di documenti, poco prima della rocambolesca evasione dal carcere “La Catedral”, che avvenne nel luglio del 1992. Inaccettabile, dunque, il ritratto che se ne fa in Narcos 2, dove La Quica appare fino alla fine come il braccio destro di don Pablo.

3) Quanto all’evasione da La Catedral, “non ci fu uno scontro così grande, e solo un guardiano del carcere morì”. Non solo: “Mio padre – prosegue Marroquin – non ricevette alcun aiuto dalla legge per scappare. La fuga era stata progettata sin dal momento della costruzione della prigione”, e fu messa in atto quando il governo di Bogotà fece sapere a Escobar che “l’accordo per non trasferirlo in altre carceri non era più valido”.

4) “Non è vero che il Cartello di Medellin e quello di Calìnegoziarono per spartirsi Miami e New York“.

5) “Non fu la Cia a proporre ai fratelli Castaño di creare Los Pepes“, gli squadroni militari dediti alla cattura di Escobar. Secondo Marroquin “fu Fidel Castaño a crearli, con la complicità del Cartello di Calì e delle autorità locali e straniere che finsero di non vedere le migliaia di vittime e di rapimenti”.

6) “Mio padre – denuncia Marroquin – non uccise personalmente nessun fantomatico Colonnello Carrillo, come viene ribattezzato nella serie il Capo del Blocco di Ricerca”, il corpo militare dedito alla cattura di Escobar e dei suoi sicari. Il figlio di don Pablo ammette di “non essere orgoglioso delle violenze” del padre, al quale anzi attribuisce la responsabilità di vari attacchi alla polizia colombiana: attacchi che causarono “più di 500 vittime al mesenella città di Medellin alla fine degli anni ’80”.

7) Escobar “sbagliò nel commissionare la morte dei suoi soci,Moncada e Galeano. Questi ultimi furono rapiti – racconta Marroquin – dal Cartello di Calì e promisero informazioni su Pablo in cambio della loro liberazione”. Escobar avrebbe poi, a detta di suo figlio, provato ad evitare l’uccisione di Moncada all’ultimo minuto, ma il contrordine sarebbe arrivato troppo tardi, a condanna già eseguita.

8) “Mio padre passò in solitudine l’ultimo periodo della sua vita, e non circondato dai suoi scagnozzi come mostra la serie”. Del resto, “quasi tutti i principali componenti della sua banda, a eccezione di Angelito e del Chopo, si erano arresi o erano morti”.

9) Marroquin garantisce che lui e la sua famiglia non avevano “tutti quei comfort dopo la fuga da La Catedral”. Al contrario, “vivevamo in delle catapecchie, non in delle ville”.

10) “Mio padre non attaccò mai la figlia di Gilberto Rodriguez“, tantomeno “nel giorno delle sue nozze”. Marroquin racconta dell’esistenza di un patto tra i membri dei vari Cartelli che imponeva di “non toccare le rispettive famiglie”. Un patto che don Pablo avrebbe senz’altro rispettato.

11) Marroquin ammette che lui e la sua famiglia furono coinvolti in una sparatoria, “ma non nel modo mostrato dalla serie”. Lo scontro a fuoco in questione, peraltro, avvenne tra il 1988 e il 1989, ben prima di quando lo colloca la fiction, e cioè nel 1993.

12) “Virginia Vallejo era così innamorata da rifiutare i soldi di mio padre? In questo ci sono due bugie in una”, attacca Marroquin. “Mia madre non parlò mai con lei dopo la fuga da La Catedral. Ed era da quasi un decennio che mio padre non aveva contatti con Virginia, che era amante contemporaneamente anche dei vertici del Cartello di Calì”.

13) Marroquin si dedica poi al ricordo della nonna paterna. “Fu lei a tradire mio padre, alleandosi col suo figlio maggiore Roberto. Insieme negoziarono con Los Pepes e collaborarono così attivamente con le istituzioni che ciò le permise poi di continuare a vivere tranquillamente in Colombia”, a differenza dei familiari rimasti fedeli a don Pablo, costretti invece all’esilio.

14) Marroquin propone poi una dettagliata ricostruzione delle ultime ore di vita di suo padre. E spiega che in realtà – a differenza di quanto mostrato in Narcos 2 - fu proprio Escobar a volersi lasciar rintracciare da chi gli dava la caccia, restando al telefono ben oltre il necessario, contrariamente a quanto fosse solito fare. Marroquin ribadisce anche la sua tesi più controversa: “Mio padre si suicidò, come ho detto dozzine di volte. Ecco perché non mi sorprende che il colpo che gli tolse la vita veniva dalla sua stessa pistola, che proprio lui impegnava. Non fu la polizia”.

15) “Dopo la morte di mio padre, mia madre fu convocata in un summit indetto dal Cartello di Calì in quella stessa città, al quale prese parte più di 40 boss mafiosi della Colombia dell’epoca. La persona che le salvò la vita fu Miguel Rodriguez, e non Gilberto. Fu in quella stessa occasione che ci spogliarono di tutte le ricchezze che avevamo ereditato, e se le spartirono tra loro come fosse un bottino di guerra”.

Questa, in sostanza, la versione di Sebastian Marroquin. Che non rinuncia – avranno notato i più maliziosi – ad affiancare allo allo scrupolo di veridicità storiografica, un minimo di auto-promozione. Invitando, nello stesso post, tutti quanti fossero “seriamente interessati a conoscere la verità reale” su Pablo Escobar, a leggere un libro. Scritto, appunto, dallo stesso Marroquin. Come trovarlo? Nessun problema. Nel lungo post pubblicato su Facebook, è possibile trovare anche il link per ordinarlo online su Amazon.

 


13/09/2016