MISSIONE IMPOSSIBILE GOVERNARE ROMA


di Marco Bracconi

Un Comune gigantesco, pochi contribuenti, troppi poteri. Ecco perché la macchina della Capitale non può funzionare. Parola di chi l`ha studiata da molto vicino.
ROMA. Contrordine, cittadini. I ladri e i corrotti sono l`ultimo dei problemi. Il più sgradevole, forse. Certamente il più vi- sibile. Ma il malaffare è solo l`effetto, e neanche il più pernicioso, di un disastro politico e amministrativo che si perpetua spesso e volentieri rispettando la legalità. Marco Bettini è un giornalista e uno scrit- tore che per quasi un anno e mezzo ha svolto l`incarico di capo ufficio stampa dell`ex sindaco di Roma Ignazio Marino.
E ora ha scritto un libro per spiegare i meccanismi che rendono ingovernabile la macchina della Capitale. Si chiama Roma Kaputt (Newton Compton, pp.253, euro 10) ed è un piccolo shock per chi è abituato ad accontentarsi delle versioni di comodo. «Tornare qui mi fa una certa impressione», dice al Venerdì in piazza del Campidoglio, tra i turisti che ammirano le scalinate progettate da Michelangelo, prima di ccompagnarci nei corridoi dei musei capitolini, meraviglia affacciata sui Fori che furono imperiali. «All`ora di pranzo facevo sempre questo giro per rilassarmi. Ma la vera Roma, nella sue criticità e nella sua straordinaria bellezza, l`ho capita girando fuori dalle Mura Aureliane». Un territorio immenso, che consente a Bettini, da "straniero" emiliano qual è, di smontare il falso mito del "carattere" dei romani: «In presenza delle stesse condizioni l`identico caos si riprodurrebbe anche al Nord. Il fatto è che qui insistono circostanze che moltiplicano i problemi». Quali? Intanto l`ampiezza dell`area di competenza comunale, quanto l`intera provincia di Milano, a fronte di una bassa densità di abitanti (e dunque di contribuenti). E poi la compresenza nella città di una moltitudine di poteri, dal governo nazionale al Vaticano, dai comandi militari alle sedi dei sindacati. «Con il risultato che molti dipendenti o dirigenti hanno i loro referenti fuori dalla gerarchia aziendale o comunale, rendendo inutili le catene di comando». Ad ogni livello, spiega Bettini, la forza lavoro legata all`amministrazione finisce per essere superpoliticizzata e ipersindacalizzata. Neanche fossimo negli anni Settanta. «Solo per ragioni diverse, è un sistema di autotutela conservativo che nessuno ha interesse a scalfire». Ma attenzione a dare addosso al sindaco o al partito di turno. Soprattutto attenzione a dargli addosso per i motivi sbagliati. «Il vero errore di Marino non sono state le multe o gli scontrini, ma il velleitarismo nel pensarsi in grado di piegare alle sue intenzioni una macchina che impaluda, volontariamente o no, qualsiasi decisione». Perché a rendere Roma una mission impossible c`è un sistema che non è solo il sistema C arminati ma un groviglio di concause tutte alla luce del sole e che producono sempre gli stessi risultati: debito, inefficienza, sconfitta della politica. Un habitat dove il tirare a campare di andreottiana memoria diventa un disarmante e ossessivo «non è di mia competenza». «Anche adeguare le prenotazioni dei viaggi diventa un caso. Quando feci notare che sul web si poteva risparmiare mi risposero che l`ufficio non era dotato di carta di credito. Chi doveva assumersi quella responsabilità? Mistero. Alla fine anticipai di tasca mia, e per questo passai anche i miei guai». Insomma, quando ci si muove in un ginepraio di regolamenti si tende, perfino in buona fede, a considerare chi cerca di cambiare un rompiballe. Il risultato è lo stallo organizzativo e l`aumentare dei costi. In Roma Kaputt, scritto con il piglio del romanzo ma con il rigore dell`inchiesta, piccole cose come questa sono lo specchio delle grandi, che si chiamano trasporti, edilizia o raccolta dei rifiuti, con l`eterna monnezza ritornata ad assediare la città. Sul risanamento c`è l`occasione sprecata da Alemanno, per esempio, che si trovò col debito pregresso commissariato e non ne approfittò per cambiare musica. «Ci siamo giustamente scandalizzati per Parentopoli, ma il disastro Atac (l`azienda dei trasporti, ndr) lo si deve ad una scelta politica suicida pure se pienamente legale: mettere Trambus e Metro, società operative in attivo, dentro una scatola già piena di debiti». La politica c`entra, dunque, eccome. Ma tra il ricatto del consenso e una macchina elefantiaca si trova sempre più spesso davanti a scelte obbligate. «Eleggiamo i nuovi sindaci in primavera e c`è poco tempo per scrivere per bene i bandi per i servizi scolastici. Nel surplus regolamentare servono mesi per far partire le gare e la proroga del vecchio concessionario diventa inevitabile». Così si creano i monopoli, spesso contro la volontà politica, quasi per inerzia da burocrazia obbligatoria. Un paradosso grottesco, secondo il quale fare le cose a regola d`arte significa poi, nella pratica, perpetuare l`esistente. «La logica emergenziale induce a lasciare tutto com`è», dunque, oppure cambiarlo in peggio, se possibile, ancora una volta senza per forza trovarci dentro ai mondi di mezzo delle Mafie Capitali. Legislazione confusa e apparati in contrasto tra loro sono capaci di trasformare iniziative lodevoli in orrori. I Punti Verdi voluti da Rutelli, ottima idea finita con nuovi debiti, sono un altro esempio. Si volevano fare opere per rendere vivibili zone di nuova costruzione e le si affidarono a privati con finanziamenti dalle banche. Con la bella idea di una fidejussione comunale a garanzia dei mutui concessi. «Secondo voi quanti concessionari, sapendo della fidejussione, hanno poi pagato regolarmente?». L`Edilizia Capitale è una fucina di slogan per l`antipolitica di chi grida «onestà, onestà», ma la realtà è che ci vorrebbe una politica capace di riorganizzare prima di tutto la macchina. La stazione metro di Anagnina si allaga al primo acquazzone perché i consorzi dei cittadini delle borgate, creati con i Piani O degli anni Settanta, dopo i primi interventi sono diventati consorzi di geometri e imprenditori, molto interessati al palazzinaggio e molto meno al funzionamento dei servizi. Per non parlare delle norme sull`edilizia agevolate in periferia, con la possibilità di vendere a prezzi maggiori «a causa di difficoltà intervenute durante la costruzione». Risultato? Al costruttore conviene tirar su mattoni sopra una discarica interrata. 
Per i problemi futuri rivolgersi al sindaco. Dal grande al piccolo: vedi alla voce multe. Le notifiche affidate ai vigili fanno acqua da tutte le parti, e se ciò non bastasse «si aggiunga la valanga di contravvenzioni non pagate da autisti e dipendenti comunali su mezzi di servizio, con effetti tanto sgradevoli quanto comici». Già, perché con la riscossione affidata dal Comune a Equitalia, la stessa Equitalia si presenta in Campidoglio per esigere il pagamento dovuto al Comune. «Non è uno scherzo, è successo davvero». Irrazionalità del sistema, moltiplicazione dei campi di azione delle magistrature e codicilli elevati ad alibi da categorie, imprese o dirigenti producono corruzione e affarismo. Così il sindaco si trova di colpo a misurare lo iato tra quello che vorrebbe e quello che può. E allora? Non resta che arrendersi allo stallo in attesa dell`inevitabile crollo di sistema? «In Roma Kaputt qualche soluzione si abbozza. Delegificare, il più possibile, smontando il labirinto normativo che induce all`irresponsabilità. Smontare la città stessa, "accorciando" il territorio. Copiare il modello Parigi, affidando il centro storico ad un delegato che risponda alla presidenza della Repubblica. Consentire lo spoil system di parte della dirigenza, come insegna la caotica vicenda delle nomine della Raggi, al di là del suo operato nel merito. Adottare criteri manageriali strutturali invece di introdurli come spot nel tessuto preesistente». Cose che richiedono tempo, determinazione politica e che in ogni caso hanno costi sociali (ed elettorali). In tempi di populismo e pressioni mediatiche in tempo reale, c`è un governo, un partito, un sindaco che non solo sia capace di farlo, ma possa anche permetterselo?

Fonte: IL VENERDÌ 19/05/2017

 


19/05/2017

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