MARCELLO SIMONI: ROMANZO STORICO QUANTO TI AMO


Da Defoe a Walter Scott fino a Manzoni. Un percorso letterario che riviviamo
con lo scrittore protagonista, a Legnano, del primo Festival di Letteratura storica "La storia tra le righe"

Marcello Simoni su Robinson

 

All’inizio del XVIII secolo, mentre la «turquerie» delle Mille e una notte si diffondeva grazie ad Antoine Galland nell’Europa dell’ancien régime, Daniel Defoe, fresco del successo di Robinson Crusoe, dava alle stampe un romanzo che per la prima volta intercalava le avventure di un personaggio letterario in un quadro storico, Memorie di un cavaliere. Siamo ancora lontani dai tempi di Walter Scott e di Alessandro Manzoni, tempi in cui il romanzo storico viene ufficialmente consacrato e «codificato» come tale, ma per comprendere questa maturazione è necessario passare attraverso una lunga fase d’incubazione segnata dalle figure di Winkelmann e di Goethe, che con il loro approccio all’antiquariato, alla teorizzazione del «bello» dell’arte classica e alla riscoperta delle origini delle civiltà gettano le basi non solo del cammino che porterà nei centocinquant’anni successivi alla nascita dell’archeologia, ma contribuiranno a sensibilizzare l’ottica di artisti, pensatori e letterati nei confronti del passato.

Nel frattempo Walpole spalanca le porte del gotico con Il Castello di Otranto, seguito da Il confessionale dei penitenti neri di Ann Radcliffe e Il monaco di Matthew Lewis, plasmando atmosfere che contamineranno non solo Notre-Dame de Paris di Victor Hugo, ma anche il genio di Manzoni, che non resisterà alla tentazione di inserire nei Promessi sposi le tinte fosche della vicenda della monaca di Monza. E senza quasi accorgercene, eccoci in pieno Romanticismo, in un clima di un rinnovato interesse verso il Medioevo e il folklore, saturo delle ideologie del nazionalismo e del concetto di patria.

Nulla di tutto ciò può essere disgiunto dal processo formativo del romanzo storico, come dimostrano le Lettere di Jacopo Ortis del Foscolo, l’Adelchi manzoniano e un Ivanhoe che intreccia la ricostruzione dell’Inghilterra feudale con il nostos di un cavaliere crociato e la leggenda di Robin Hood tramandata dai canti popolari. Non è certo una forzatura ascrivere a questo processo il trattato di stregoneria di Walter Scott (Letters on Demonology and Witchraft) e la potente rielaborazione in chiave avventurosa della Francia di Luigi XIII a opera di Alexandre Dumas, che con I tre moschettieri porterà una ventata di avventura ancora capace, oggigiorno, di gonfiare le vele di molti romanzi storici.

Impossibile, in tal senso, non citare Stevenson, non tanto – o non solo – per l’Isola del tesoro, quanto per le ambientazioni medievali della Freccia nera e di un toccante racconto dedicato al poeta maledetto François Villon. Mentre, in Italia, si assiste a un proliferare di «epigoni» manzoniani che ora smussano, ora inaspriscono gli angoli del romanzo storico, come Massimo d’Azeglio e Niccolò Tommaseo. Ma ormai i tempi stanno ancora cambiando. Se già con Dumas assistiamo all’esplosione del feuilleton, si affaccia sulla scena il romanzo sociale, che si prepara a cambiare le carte in tavola.

Arriviamo quasi come naufraghi alle Vite immaginarie di Marcel Schwob e a un grande italiano, Emilio Salgari, che ha saputo coniugare come nessun altro, fin quasi a dissolverla, la narrazione storica attraverso i moduli dell’avventura. Un destrutturatone, a suo modo, come lo è stato l’Umberto Eco del Nome della rosa, che ospita tra le sue pagine una biblioteca simbolicamente labirintica in un Trecento odoroso di eresia e di crisi avignonese.

Ed è proprio da questo destrutturare, da questo incessante fare e disfare, che nasce l’ibridazione di una molteplicità di generi sintetizzati in uno solo. Prova ne sono i frutti della cosiddetta stagione del romanzo «neostorico», in virtù della quale il romanzo storico, ormai trasmutato infinite volte e consapevole delle proprie potenzialità, si veste di giallo, di thriller e di noir, ma anche di romance e di racconti intimistici.

Al punto che ormai, dopo la lunga cavalcata dal XX al XXI secolo, risulta quasi superfluo appellarsi al concetto di genere. Oggi il romanzo storico è diventato, semplicemente, Romanzo.


08/04/2023

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