Lo zen e l'arte di essere danesi (o norvegesi)


di Marco Belpoliti

Il silenzio, il benessere, la calma interiore: ecco perché il nuovo self-help viene dal Grande Nord.

Cosa sta succedendo nelle lande del Nord? Un esploratore norvegese, Erling Kagge, il primo uomo a raggiungere il Polo (anche se Sud) in solitaria, pubblica un libro dedicato al silenzio che ottiene un grande successo internazionale (“Il silenzio”, Einaudi). Un suo connazionale, giornalista e narratore, Lars Mytting, dà alle stampe un manuale per tagliare e accatastare la legna, “Norwegian Wood” (Utet ), in cui propone questa attività come una sorta d’arte pratica con risvolti zen. Bertil Marklund, medico svedese, è l’autore invece di: “La guida scandinava per vivere 10 anni di più” ( La nave di Teseo), con dieci consigli semplici per condurre una vita più sana e felice, come recita il sottotitolo. Quindi è la volta di Meik Wiking, direttore dell’Happiness Research Institute di Copenhagen, che scrive “Hygge” (Mondadori): “La via danese alla felicità”, altro successo mondiale. Nel frattempo di Marie Tourell Søderberg, attrice, esce Il metodo danese per vivere felici (Newton Compton), dove è spiegata la medesima pratica.
Cosa hanno di speciale Danimarca, Norvegia e Svezia? Intanto le prime due furono un solo regno per cinque secoli, dal 1319 al 1814, e anche la Svezia, per ragioni ereditarie, ne fece parte sino al 1523, cosa che ci fa pensare che qualcosa di comune tra loro vi sia; le statistiche assegnano a questi paesi il più alto tasso di suicidi in Europa: il che renderebbe i loro abitanti forse i meno indicati a dare suggerimenti sulla vita. Infatti non è solo questo. E allora cosa? Kaggein in uno dei primi capitoli del suo libro lo riassume così: «Star bene con se stessi». Subito spiega che questo benessere, di cui il silenzio è uno dei capisaldi, non è un fatto spirituale, ma piuttosto «uno strumento pratico per arricchire la vita».

Noi meridionali saremmo portati a pensare che gli abitanti delle regioni del Nord siano materialisti. Sbagliato. Il Nord ci mostra che esiste una spiritualità del materialismo, o meglio una strana commistione tra le due posizioni, qualcosa che probabilmente risale alle antiche tradizioni di quei popoli, che si può ritrovare nel poema Edda di Snorri o nella poesia degli scaldi, gli aedi vichinghi, che tanto attraevano Borges, e su cui Ludovica Koch ci ha permesso di gettare uno sguardo con le sue traduzioni e saggi. Mondo misterioso, animato da forze vegetali e terrestri, nascoste nelle erbe e negli alberi, la cui essenza è «di travestirsi continuamente nelle apparenze del mondo che li manifesta». Kagge ci ricorda che il Tractatus del più nordico dei pensatori del XX secolo, Ludwig Wittgenstein, fu concepito a Skjolden, sul Lustrafjord, all’interno del Sognefjord, nella casetta sul fiordo che possedeva in quel luogo inaccessibile. In una lettera a G.E. Moore Wittgenstein parla di quel “paesaggio misterioso” e della “sua quieta serietà”. Non a caso l’autore del Tractatus, che l’esploratore norvegese pone come suo nume tutelare, è stato un mistico materialista.

Gli autori nordici - medici, camminatori, tagliatori di legna, psicologi - sembrano aver preso il posto, quanto a produttori di bestseller internazionali, dei giapponesi, o meglio delle giapponesi, i cui libri sulla felicità del riordino, o del disordine - le due cose sono perfettamente interscambiabili - hanno imperversato negli ultimi anni: Marie Kondo, Ideko Yamashita, Fumio Sasaki, Nagisa Tatsumi. Sempre di ricerca della felicità si tratta, utilizzando tecniche zen, anche queste a loro modo ispirate alla spiritualità materialista. Uso questo “concetto” molto all’ingrosso, ma non è facile tradurre una cultura così sottile e raffinata come quella giapponese nelle nostre categorie occidentali, che restano, nonostante tutto, cartesiane: res congitans e res extensa. Forse una spiegazione riguardo il Nord c’è. La si può cogliere nel concetto di Hygge, descritto da Meik Wiking.
Questa parola danese ha un’origine norvegese, e compare nella lingua scritta danese solo agli inizi dell’Ottocento. Significa in antico: “benessere”; probabilmente potrebbe rimandare a hugge, “abbracciare”, termine in uso nel Cinquecento, ma ha anche un rinvio a hycgan, “pensare, riflettere”. Oggi la parole Hygge ha come possibile definizione: “l’arte di creare intimità” o “benessere dello spirito”.
Per farsi capire Wiking racconta di un fine settimana con alcuni amici in uno chalet in Svezia. Neve tutto attorno. Dopo un’escursione, molto stanchi gli amici entrano in casa, si siedono in semicerchio attorno al caminetto con indosso pesanti pullover e calze di lana: vin brulé, stufato, scoppiettio dei tizzoni. Uno dei presenti esclama: «Potrebbe esserci più hygge di così?». «Sì», risponde una ragazza. «Se fuori ci fosse una bufera». Tutti annuiscono. Il primo capitolo del libro è dedicato alla passione che i danesi nutrono per le candele. Interrogati su cosa sia Hygge, l’85 per cento degli abitanti del paese risponde: le candele. Al Nord durante i mesi freddi la luce è scarsa. Quella elettrica non basta. Occorrono le candele accese in ogni stanza. Si tratta del chiarore ambrato, che crea un’atmosfera. Ecco questa è la parola chiave per capire tutto: atmosfera. Al Nord, come ci fanno comprendere questi libri, sono molto bravi a produrre atmosfere, e naturalmente a viverle.

Cos’è un’atmosfera? La risposta è difficile, per quanto tutti sappiano per esperienza di cosa si tratta. È quella creata da un pranzo apparecchiato in un certo modo, o dall’arrivo di una determinata persona, che cambia completamente la percezione. Non c’è una risposta soddisfacente a questo, come spiega un filosofo, Tonino Griffero, che ha dedicato un libro al tema: Atmosferologia (Laterza). Si tratta delle «qualità emotive irradiate dagli ambienti e dalle cose», che esercitano un’azione benefica, o negativa, su di noi e sulle nostre attività. Come spiega benissimo il libro dedicato allo Hygge, i nostri stati d’animo dipendono proprio dalle atmosfere. In fondo anche i libri di Marie Kondo, con i suoi insegnamenti sul riordino, mirano a creare delle atmosfere favorevoli, facendo corrispondere l`ordine esteriore a quello interiore, alla giapponese naturalmente. Per salvarci dal caos della vita contemporanea, probabilmente abbiamo bisogno di entrambi, Oriente e Nord. Per questo i loro libri si vendono in milioni di copie: creano atmosfere.

Fonte: la Repubblica 07/04/2017


07/04/2017

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