Lo scrittore vincitore del Premio Bancarella: «Racconto i Medici come fossero rockstar»


Tutti i segreti di Matteo Strukul, bestseller del momento, giurista heavy metal tra Padova e la Transilvania
A ottobre esce il suo quarto libro sulla Firenze rinascimentale. E l'anno prossimo si dedica a Casanova

di Paolo Bianchi

Matteo Strukul, padovano, classe 1973, è uno scrittore talmente prolifico che risulterebbe difficile da classificare se non si fosse decisamente avviato al romanzo storico con la quadrilogia sulla Firenze dei Medici, da Una dinastia al potere (Newton Compton, 384 pagine, 9,90 euro) a Un uomo al potere, Una regina al potere e, in uscita a ottobre, Decadenza di una famiglia. Il primo libro ha appena vinto il Premio Bancarella, assegnato a Pontremoli dai librai indipendenti, ed è in corso di traduzione in diversi Paesi. Partiamo proprio da Una dinastia al potere, incentrato sulla figura di Cosimo de' Medici, fratello di Lorenzo, di cui colpisce la puntigliosa ricostruzione storica.

Come si è documentato e dove si allontana dalla storia per motivi romanzeschi?
«Due anni di studio, partito dalle Istorie fiorentine di Niccolò Machiavelli. Poi trattati, manuali illustrati e registri di commercio da archivi storici e biblioteche. Tra i personaggi d'invenzione c'è Laura Ricci, la profumiera avvelenatrice. Ho cercato di seguire la grande lezione di Dumas e Hugo, e del grande romanzo d'appendice. Senza contare che in Italia abbiamo avuto Manzoni, Eco e Vassalli. Ma devo tantissimo anche a un autore come Sergio Altieri, mancato da poco. C’è un desiderio del pubblico per il ritorno al romanzo storico. Ma se i libri vanno bene lo devo molto anche al mio editore: Vittorio Avanzini».

Uno noto per pagare molto gli autori, ha preso anticipi?
«Si dicono tante cose bizzarre, ma è anche l'editore di 25 saggi sui Medici e cerca di diffondere la lettura, tenendo basso il prezzo dei libri».

Lei ha un dottorato in Giurisprudenza. Voleva fare la carriera accademica?
«Da bambino volevo fare o la rockstar o il romanziere».

Le è rimasto l'aspetto da rockstar heavy metal...
«Il rock mi piace, ho vissuto i miei vent'anni nei '90 stile "grunge". I Medici, che commissionavano l'arte, spettacolarizzavano i loro modelli culturali, e lavoravano sull'immagine, non sono così distanti dalle rockstar».

Chi sono oggi i mecenati?
«I pochi imprenditori illuminati. Il nostro Paese è privo di strategia. Le uniche iniziative sono i festival: Mantova, Pordenone legge, il mio Sugarpulp a Padova. Mi piace molto anche Milano Bookcity».

Lei si è occupato anche di femminicidio, perché?
«La prospettiva femminile in questo Paese conta poco. Non c'è niente da fare: il femminicidio resta una piaga».

Non è discriminatorio occuparsi del femminicidio e non dell'omicidio in generale?
«Non credo sia un problema semantico, però se vuole lo chiamiamo omicidio, assassinio di donne. Fra l'altro credo sia un termine importato a proposito di fatti avvenuti in Messico».

E le parole sindaca, assessore, ministra, come le trova?
«Possiamo tenere anche quello che c'è, un non-genere che li comprende entrambi».

Lei vive anche a Berlino e in Transilvania, perché?
«Berlino è culturalmente affascinante e la Transilvania ha a che fare con le mie origini: è in Romania, ma ci vivono molti ungheresi e il mio cognome è ungherese».

I suoi libri stanno vendendo molto. Ha avuto offerte importanti?
«L'anno prossimo uscirò con Mondadori, in base a un contratto precedente, con un romanzo dedicato a Giacomo Casanova e al Barocco veneziano. Mi preme celebrare l'arte, la bellezza e la cultura italiana. Non capisco perché lo debba fare Dan Brown e non noi».

Qual è il suo rapporto con la società letteraria italiana?
«Credo che le storie si dividano in belle storie e brutte storie. Non ho alcun complesso d'inferiorità. Il romanzo storico è letteratura legata alla storia».

Uno scrittore italiano che le piace?
«Luca Di Fulvio: stile letterario e storie straordinarie».

Fonte: Libero 01/08/2017


01/08/2017

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