Io, trans felice, figlia di streghe erranti


di Meredith Russo

Sono una donna transessuale. 

Questa è l’espressione adottata al giorno d’oggi per descrivere una persona come me, ed è una parola che evoca tutta una serie di idee ed esperienze. Una persona transessuale, per come la immaginano le persone che hanno coniato il termine (che non erano transessuali) è una creatura in preda all’agonia, alla disperazione e alla tragedia. Questa è la storia che ci si aspetta quando si parla di noi, giusto? Bambini infelici maltrattati dalle famiglie e dai propri coetanei, costretti in corpi che odiano per tutta l’adolescenza, nascosti e infelici da adulti o allo scoperto come improbabili donne per alcuni anni finché qualcuno non ci uccide o semplicemente svaniamo nel nulla. 

C’è una piccola parte di verità in tutto questo. 
Ho vissuto una parte di quella verità. 
Ma, come tutto quello che sappiamo descrivere solo con un termine medico moderno e occidentale, non è tutta la verità. 
Nella mia vita ci sono stati dolore, delusione, e abusi. Ma quando posso preferisco descriverla concentrandomi sui momenti di piacere, felicità e appagamento, in particolare quei momenti che ho vissuto, in quanto persona transessuale, che una persona cisessuale potrebbe non vivere mai. Questa storia è fatta di questo. 

Quand’ero più giovane, mia sorella e io ci travestivamo e organizzavamo feste ballando sulle Spice Girls, e quasi tutti i nostri amici nel quartiere erano femmine. Anche se a scuola qualcuno era crudele con me, sapevo di poter tornare a casa e, pur non sapendo che anch’io ero una ragazza, sentirmi al sicuro con loro e protetta da loro. 
Quand’ero alle medie mia zia mi trovò in lacrime perché mi si stavano unendo le sopracciglia: mi mise a sedere in bagno e mi insegnò come modellarle. Senza saperlo, mi ha regalato un momento di conferma e solidarietà femminile che non ho mai dimenticato. 

Mi ricordo quando a scuola ho incontrato un ragazzo transessuale, un ragazzo con i capelli e gli occhi scuri che suonava la chitarra durante la pausa pranzo, e di come mi sono innamorata immediatamente di lui, quanto fosse cristallizzato il desiderio di essere la sua ragazza. Quel momento di consapevolezza, di pura auto-rivelazione, è stato una cosa che non ho mai sentito descrivere da una persona eterosessuale e cisessuale. 

La stessa cosa vale per quando al college ho incontrato delle donne transessuali felici e piene di vita che mi hanno trattato con gentilezza, dimostrandomi che la vita può essere bella, sollevando la paura dalle mie spalle e rendendomi libera di trasformare in realtà la me stessa che mi ero immaginata. 

Avere degli amanti, tenere in braccio mio figlio durante i suoi primi respiri, vedere il mio nome sugli scaffali di una libreria, tutte queste cose sono state sublimi perché amavo il corpo che io stessa ho scelto. Ho tenuto in braccio mio figlio come la madre che ho lottato per essere, ho letto riviste e tweet che lodavano il mio romanzo scritto con un nome che aveva davvero senso per me. È come il senso di sazietà di un lauto pasto dopo un lungo digiuno, ed è il piacere di essere qualcuno come me. 

Essere transessuale significa anche che sono figlia di una quantità di persone come me che risalgono alla notte dei tempi. La parola «transessuale» può suonare moderna, ed è facile pensare che siamo una realtà nuova, ma moltissimi popoli, dagli antichi Sciti ai Romani ai Vichinghi e alcune tribù di nativi americani a un certo punto hanno venerato delle persone che oggi descriveremmo come transessuali, proiettando su di noi un profondo sentimento e attribuendoci potenti poteri magici e spirituali. 

Come donna transessuale sono antica e radicata profondamente nel passato, sono figlia di streghe erranti che giocavano con le forze della natura, adoratrici di dee galliche, e temibili streghe nordiche Ergi. 

Anche conoscere queste realtà, ed esplorare le credenze e i rituali delle mie antenate mi ha dato un senso di gioia e consapevolezza che ho potuto provare solo in quanto transessuale. È questo, davvero, lo scopo del mio romanzo. Voglio che le persone si divertano, naturalmente, ma il mio obiettivo era che Amanda capisse che la sua esistenza ha senso non malgradola sua transessualità, ma proprio perché è se stessa e la sua vita può essere una successione di momenti felici e pieni di gioia. Spero che, se lo leggerete o l’avete letto, possiate giungere alla stessa conclusione. 

Fonte: Corriere.it 09/12/2017


09/12/2017

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