Il romanzo rosa salverà l'editoria? Ecco perché piace e vende tanto. Intervista ad Anna Premoli


Fonte: D la Repubblica
A cura di: Eva Grippa

Rosa, rosa, rosa. Mai viste, prima d'ora, tante sfumature di questo genere. Nella redazione del nostro sito d.it arrivano decine di libri tra contemporany, young adult, suspance, storico, fantasy, new adult... perché sono i titoli su cui le case editrici puntano di più: 22 le novità in uscita per varie case editrici a gennaio, quasi una al giorno. Nelle librerie il romance è sempre in vetrina; su Amazon ai primi posti nella classifica delle vendite; su Kindle, Kobo e altre device, tra gli ebook i più scaricati.
Abbiamo consultato i più recenti dati Nielsen sulla lettura in Italia per trovare conferma alle nostre supposizioni: il romanzo rosa è primo tra i sottogeneri della fiction che trainano il mercato e le vendite. E quello italiano non è un caso isolato: gli stessi dati riferiti al mercato inglese dicono che nel 2016 su 100 libri di narrativa venduti ben 93 sono romanzi di genere, e non a caso il prestigioso Man Booker International Prize quest'anno è stato vinto da un romanzo erotico, The vegetarian. Su Smashwords, piattaforma pioniere del self publishing, tra marzo 2015 e febbraio 2016 il romanzo rosa ha dominato le vendite con il 77% di titoli venduti sul totale, seguiti da young adult (11%), fantasy (4,2%) e giallo (4%). Trend confermato da Amazon Kindle Store (analisi Author Earning 2016) e dal device Kobo che investigando tra i lettori digitali italiani (compresi clienti di e-reader concorrenti) scopre che il 75% di loro è composto da donne, che dedicano ai loro libri preferiti almeno 30 minuti al giorno. Il 16% dichiara di comprare addirittura un e-book al giorno, con netta preferenza per il genere rosa. 

Quel che non dicono, tutti questi dati, è il perché il rosa piaccia e venda tanto. Secondo Smashwords, il merito va agli scrittori che sono stati i primi a mettersi in gioco, sperimentare, cercare lo scambio con i lettori e il loro giudizio, aggiornare i topic del genere e contaminarlo con altri, tipo fantasy o erotico, per creare titoli e storie il più possibile vicini ai gusti del pubblico. Il rosa, insomma, è l'unico genere che – dopo essersi affrancato dal pregiudizio centenario che lo voleva letteratura di serie B – si è messo in gioco rincorrendo la modernità, diventando così motore del cambiamento nell'intero settore fiction. D'altra parte, i lettori in Italia sono per il 48,6% donne (contro il 35% dei maschi secondo dati Istat 2016) e l'aver allargato gli orizzonti del rosa ha permesso di avvicinare anche tante di quelle lettrici che in un passato non troppo lontano si sarebbero vergognate di farsi vedere sui mezzi pubblici con un Harmony in mano. Le protagoniste dei romance sono cambiate, così come le storie: non “subiscono” la storia d'amore ma la vivono da donne esigenti ed emancipate e per le quali l'amore è sì, desiderio, ma non elemento indispensabile per riempire vite altrimenti scialbe.

Prendiamo Laurel: è una donna di successo. Sicura di sé, soddisfatta del proprio lavoro di scrittrice di romanzi rosa, pragmatica e organizzata, una che lavora come un treno e pubblica sotto pseudonimo. Un giorno conosce Aidan, scrittore fresco di Premio Pulitzer che disprezza il rosa ritenendolo robaccia, non certo letteratura, convinto che chiunque possa scrivere una banale storia d'amore, e lo costringe a ricredersi. Laurel è protagonista del romance “È solo una storia d'amore”, un libro che sembra essere proprio il contrario di quel che afferma di essere: prima di parlare di amore affronta temi diversi, come il pregiudizio che da sempre accompagna il genere rosa, gli stereotipi sessuali, la difficoltà relazionali tra uomini e donne quando è lei, nella coppia, il soggetto che più ha successo nella professione.
Non a caso la storia è stata partorita da Anna Premoli, che a partire da Jennifer, donna a capo di una banca d’affari londinese protagonista del suo primo romanzo "Ti prego lasciati odiare", serve al pubblico personaggi femminili estremamente forti, che hanno successo in un ambiente professionale molto maschile. Un po' come lei, economista laureata in Bocconi con un passato in J.P. Morgan e nel Private banking che si è buttata sul rosa per combattere lo stress durante la gravidanza, nei mesi finanziariamente difficili che hanno seguito il fallimento di Lehman Brothers. Il suo Come inciampare nel principe azzurro è stato il primo vero caso di self-publisher italiano di successo nel genere romance, e le ha assicurato un contratto con Newton Compton per i successivi titoli.
A lei, quindi, abbiamo rivolto alcune domande per capire qualcosa di più sul romance, oggi. La prima di una serie di interviste in cui ogni settimana daremo voce alle autrici più seguite e amate dal pubblico italiano. Non solo femminile, come presto scopriremo....
  
Romanzi rosa: qual è il profilo della lettrice/lettore? "Ho sperimentato in prima persona quanto in realtà siano eterogenee le lettrici di rosa: per età (si va da ragazzine giovanissime a signore piuttosto in là con gli anni), per estrazione culturale e per professione (donne in carriera o magari casalinghe). Non c’è una regola e credo che sia proprio questo ad aver sancito il successo del genere, negli ultimi anni".

È ancora letteratura di genere? In base alla sua esperienza i lettori uomini sono casi isolati, o sintomo di un nuovo trend? "Sì, il rosa è ancora letteratura di genere. Non è detto che sia una cosa negativa o che si debba aspirare a uscire da una simile classificazione. Sta tutto nel significato che vogliamo dargli. Esistono eccome uomini che leggono storie d’amore, ma per un fattore di condizionamento ambientale fanno molta fatica a palesarsi. Eppure, di tanto in tanto, mi arriva qualche email che mi sorprende in positivo. Trovo che serva non poco coraggio, visti i condizionamenti che subiamo dalla società a tutti i livelli".

Il suo primo romanzo parlava di donne di successo alle prese con il mondo maschilista delle banche d’affari. Quanto di biografico c'è, nelle sue storie? "Non scrivo mai ispirandomi direttamente alla mia vita, ma è ovvio che le mie esperienze lavorative hanno contato nella scelta dei temi di trattare. In qualche caso ho voluto dimostrare che si potesse scrivere di amore e di shale gas, per esempio, sfruttando conoscenze piuttosto specifiche sul tema. Inoltre, il mio lavoro mi permesso di conoscere un’infinità di persone peculiari e interessanti, perciò non nascondo che questo enorme bagaglio umano abbia contribuito non poco nel rendere quasi “reali” i miei protagonisti. In ognuno di essi c’è qualcosa di vero".

Ci sono dei 'topic', nei suoi romanzi? "Sono una grande amante delle storie d’amore che nascono tra persone che spiccano in qualche modo per intelligenza e carattere, che si scontrano con ripetuti duelli verbali e che solo alla fine imparano a trovare un equilibrio comune. Inoltre, quasi tutte le mie protagoniste femminili sono donne in carriera, molto in gamba e con la testa sulle spalle".

Qual è il rapporto con i lettori, e quali sono i commenti più ricorrenti, quelli più strani, che le vengono rivolti? "In questa epoca molto social io sono volutamente poco presente, più che altro per totale mancanza di tempo, dal momento che ero e sono rimasta un’economista di professione, ma mi godo il rapporto privilegiato, one to one, che garantiscono le email con i miei lettori. Prima o poi rispondo a tutti. È un impegno che ho preso con me stessa anni fa e che cerco di portare avanti nonostante tutto. I lettori chiedono consigli, si confidano riguardo alla loro vita amorosa, mi raccontano delle loro esperienza. È qualcosa di incredibilmente speciale".

Perché si leggono i romance? Per evasione, svago, identificazione… "Scrivendo commedie e mirando volutamente a strappare ai miei lettori una risata, direi che lo svago e la necessità di evasione la fanno da padrone. D’altronde, sono gli stessi motivi che mi hanno portato a scrivere: leggere o scrivere rosa vuole dire prendersi una pausa dai folli impegni di tutti i giorni, rifiatare inspirando a pieni polmoni, ricaricare le pile per partire con ancora maggiore determinazione".

Quanto pesa la voce dell'autore sulla scelta del titolo e sulla grafica di un romanzo? "Dipende dall’autore e dal contratto che ha firmato. Io sono stata sufficientemente attenta alla questione a suo tempo e quindi intervengo in maniera diretta. Per la gioia del mio editore".

Lieto fine sempre e comunque? "Per quanto mi riguarda, il lieto fine è obbligatorio. La sensazione di autentico benessere che si prova alla conclusione di un romanzo dipende in buona parte dal fatto che si è assistito al coronamento dell’amore rincorso lungo tutto il percorso. Quando si partecipata a un sentimento che sboccia pagina dopo pagina, si vuole anche poter gioire del meritato finale. E poi trovo che il mondo sia già così pieno di brutture, reali e ahimè concrete, che non vedo necessità di infliggere sofferenza anche all’interno di un romanzo".

Si ha l'impressione che la discriminazione del rosa sia acqua passata, e che anzi in molti (troppi) si buttino sul genere con risultati non sempre brillanti, causando un depauperamento di contenuti, storie e in generale un impoverimento del genere. Cosa ne pensa? "Potremo davvero dire che la discriminazione sia alle nostre spalle nel momento in cui noi lettrici smetteremo di sentire il bisogno di giustificarci di fronte agli altri delle nostre letture. Sento spesso le donne che enfatizzano fino all’eccesso quanto certi romanzi siano 'leggeri' e di evasione. Come se in qualche modo i libri si giudicassero in presunti chili o secondo il principio di Archimede. Lo svago è uno scopo nobile al pari di altri. Chissà come mai non si sente mai gli spettatori di una commedia al cinema ripetere fino allo sfinimento lo stesso concetto. Quindi, direi che la discriminazione del rosa si è attenuata, ma che ne ha ancora di strada da fare. Il motivo per cui tanti si sono buttati su questo genere deriva dalle stessa radice: credono sia facile. E invece non lo è. Scrivere un buon romanzo rosa richiede una certa capacità, esattamente come avviene per uno giallo o per un testo mainstream".

Come vive un autore 'di carta' il fenomeno del self pubblishing? "In realtà io stessa vengo dal self publishing, nonostante la mia esperienza sia stata estremamente breve, perciò non posso che avere un’opinione molto positiva del fenomeno. Ha rivoluzionato l’editoria, aprendola in modo prepotente al gusto del pubblico. Il rosa in Italia è esploso proprio in questo modo: con l’autopubblicazione. Per una volta sono stati gli editori tradizionali a dover rincorrere i desideri dei lettori".

Il romanzo rosa è uno dei generi che si è evoluto con più rapidità, e anche coraggio. Come sono cambiate le protagoniste, nel tentativo di incarnare un modello di donna contemporanea? "Credo sinceramente che non sarei mai diventata lettrice di rosa prima, e scrittrice dopo, se nel frattempo il modello femminile raccontato nei romanzi non si fosse evoluto.  Oggi giorno le protagoniste sono esempi positivi di una femminilità consapevole, a passo con i tempi. Sono giovani donne non più disposte ad accontentarsi, che mirano al successo professionale come anche al sogno di costruirsi una famiglia. Insomma, un valido esempio per le generazioni più giovani".

È ancora possibile distinguere tra un rosa 'young adult' e uno “per adulte”? "Gli americani insistono su questa distinzione da qualche tempo a questa parte, ma in realtà i confini tra i due generi sono piuttosto labili, tant’è vero che non c’è una vera corrispondenza d’età tra lettrici e protagoniste dei romanzi. Tutti leggono tutto. Trovo che la vera esperienza per una ragazza molto giovane sia seguire le vicende di una trentenne con una carriera avviata, mente per una donna già adulta possa essere rivivere il momento dell’università o del primo amore. Qualche volta è proprio la possibilità di fare un salto temporale il motore che spinge al viaggio letterario".


19/01/2017