Il mito McDonald's icona globale


Fonte: Corriere della Sera - La lettura

          

Nel 1940 i fratelli Richard e Maurice McDonald aprono il primo chiosco di hamburger, la caffetteria «McDonald`s Bar- B-Q» a San Bernardino, in California. Nel 1954 l`imprenditore Ray Kroc scopre il locale ed entra in società con i fratelli dando vita a quello che diventerà il più famoso marchio di fast food al mondo. La storia adesso rivive in un film (The Founder, regia di John Lee Hancock), tratto dal libro di Ray Kroc con Robert Anderson (La vera storia del genio che ha fondato McDonald`s, Newton Compton, pp. 256, €10), entrambi in uscita in Italia il 12 gennaio. Sul marchio diventato icona riflette Francesco Piccolo su «la Lettura» in edicola fino a sabato mentre su corriere.it/lalettura un percorso per immagini a cura di Jessica Chia ricostruisce la storia dell`impresa.


A cura di FRANCESCO PICCOLO
Sono venuto qui a piazza di Spagna, a Roma. È Il Mac storico, quello che quando lo inaugurarono, trent`anni fa, ci furono proteste indignate e alcuni, come Renzo Arbore e Claudio Villa, si misero a mangiare fettuccine lì fuori, a scopo dimostrativo. Io ero un ragazzo, ero felice che aprissero finalmente McDonald`s in Italia, avevo mangiato cheeseburger in viaggio per l`Europa, avevo bevuto soprattutto decine di milkshake alla fragola. Ma gran parte degli italiani si indignarono. Sembrò che stessero per arrivare i barbari che avrebbero distrutto l`intera storia della cucina italiana. Non è andata così. In realtà, non va (quasi) mai così: ora i McDonald`s in Italia sono più di cinquecento, ma mai come in questi anni la tradizione gastronomica italiana mostra la sua potenza e la sua specificità. Comunque. Trent`anni fa qui fuori c`era una coda lunga chilometri, alla faccia di coloro che volevano difendere la cucina italiana. E quello (questo) specifico fast food di piazza di Spagna fu costruito con un`attenzione ossessiva per la sintonia con il resto della piazza: il risultato non è stato entusiasmante, c`era qualcosa di disturbante nell`architettura, proprio per la volontà artificiosa di non voler disturbare. I barbari, quando arrivano, non c`è bisogno che si travestano, insomma. Qui dentro, adesso, c`è ancora tanta gente, un po` di coda alla cassa con tutti che continuano a guardare il display con i menù, perché da McDonald`s, anche quando hai deciso, fino all`ultimo secondo non sei convinto, pensi che sia meglio cambiare. Alla fine, scegli sempre quello che mangi di solito, perché la solidità del menù ristretto, con un`aggiunta ogni molti anni, costruisce un cliente reazionario, affezionato alle abitudini, con pochissima voglia di rischiare - di fare passi falsi. Molti miei amici ci vengono, ma alcuni lo tengono segreto - e ci sono qui altre persone che sono venute di nascosto, si vede da come si guardano intorno e da come scelgono tavoli appartati e dietro colonne; altri dicono che è per i bambini e li portano soltanto una volta all`anno e soltanto se hanno preso tutti dieci a scuola. Nessuna delle persone che conosco viene da McDonald`s senza un motivo, perché gli va. Lo facevano prima, tanti anni fa. Poi, pian piano, è stato considerato sempre più disdicevole, e quindi ci vengono lo stesso, ma pensano a una scusa. Del resto, anche i panini di McDonald`s, quelli nuovi, tendono a comunicare che è tutto cambiato, che il fast food è meno fast e più curato. Sembra sia in una fase di transizione, non so se in un momento di crisi, ma di identità sì. Però, diciamoci la verità: più gli amici lo considerano disdicevole, più ci veniamo volentieri. Perché il piacere dei macmenù sono le patatine che pian piano si afflosciano, l`odore di fritto che senti dappertutto, i chili di ketchup che senti necessario dover premere dalla bustina, le salse che schizzano al primo morso, le mani oleose, la vasca con le patate che friggono, le colonne di panini che calano dalla cucina in fila per genere, le confezioni, i vassoi, i tovaglioli che ce ne vogliono sempre di più e strategicamente si sta zitti sperando che si alzi a prenderli qualcun altro, ma poiché è la speranza di tutti non si alza nessuno. Tutto questo dovrebbe essere censurato da idee sul cibo più serie e consapevoli? Da quei posti dove la Coca-Cola non c`è per un principio ideologico e devi bere una bevanda colorata che però speri somigli il più possibile alla Coca-Cola? (Speranza vana, sempre). No. Io non ho cambiato idea: mentre sono in fila valuto i panini leggermente sofisticati, poi mi chiedo se non devo scegliere qualsiasi cosa con il pollo o quel nuovo panino sostenibile; e infine sento la mia bocca pronunciare un classico: cheeseburger, patatine e Coca-Cola. E alla signora dietro di me che sembra vergognarsi dico: non abbia timore, prenda quello che desidera davvero, non c`è nulla che faccia male al mondo una volta ogni tanto. Nulla. Forse sono diventato titubante solo con il milkshake, o sono addirittura contento quando scopro che non si trova più così facilmente, ma non è colpa del milkshake: mi piace ancora, solo che non riesco più a berlo tutto, tendo a dividerlo con qualcuno, e questo è triste, è un sintomo di invecchiamento. Alcune persone dicono che è troppo dolce, ma secondo me il concetto «troppo dolce» non esiste: se ti piace che una cosa sia dolce, perché se è più dolce non dovrebbe piacerti di più - e se è ancora più dolce, ancora di più? E semplice logica. Sia chiaro: qui non vengono soltanto quelli che si fanno una dose clandestina. Le persone che vanno da Mac sono sempre la solita tipologia: tutti. Che è la questione fondamentale di questo posto: ci sono le famiglie, i lavoratori, i ragazzini, i poveri con le monete dell`elemosina, persone con voluminose borse che contengono vestiti firmati comprati nei negozi più fichi qui intorno. Gruppi di amici, fidanzati che fanno a metà di tutto, turisti che si muovono in cinquanta, uomini solitari che mangiano con avidità e rapidità da quando sono nati. Da McDonald`s ci vanno tutti, da sempre. È la caratteristica dei McDonald`s: si può dire quello che si vuole, ma è uno dei luoghi più democratici del mondo. E adesso ci vanno tutti, tranne quelli che non ci vanno più. Se la clientela non è più così abbondante come prima, è proprio perché il terrore del sapore unico e globalizzato, la contestazione contro il colonialismo è fallita: nel mondo, in Italia, a Roma e a piazza di Spagna, c`è posto per i fast food e per gli slow food. I fast food si sono moltiplicati, ma i luoghi del cibo buonissimo e sano si sono centuplicati. Per esempio, di fronte a dove lavoro, c`è un posto chiamato Banco, si mangiano cose sanissime e naturali (tutto è naturale lì dentro, è scritto sui muri), estratti di mela, zenzero e verdure varie, ed è veloce quasi quanto un McDonald`s. Ma si paga di più. La questione è proprio questa: l`opposizione. La scelta. Le scelte di campo. O con noi o contro di noi. Roma, poi, è il centro del mondo per quanto riguarda le contrapposizioni. E dopo poco tempo che ci vivi, arriva la domanda fatidica: pizza napoletana o romana? Alta o bassa? Le persone, a cena, possono parlare per mesi solo di questo, con teorie sofisticatissime a favore dell`una o dell`altra. Ma la vera soluzione è: tutt`e due. Sono due modi così diversi che solo per caso si chiamano tutt`e due pizza. Io bevo l`estratto con lo zenzero (quasi più nulla sembra possa esistere senza lo zenzero, tranne da McDonald`s) e mangio il cheeseburger. E questo corrisponde esattamente alla mappa gastronomica del mondo occidentale, cioè del mondo dove si mangia e quindi le persone passano il tempo a discutere di come mangiare e soprattutto di come non mangiare più. Quando bevo un estratto di frutta mi sento bene perché dentro il mio stomaco c`è una cosa che fa bene; quando mangio un doppio cheeseburger mi sento bene perché ho mangiato una cosa che dicono quelli che bevono l`estratto che non si dovrebbe mangiare, e la mangio con maggiore soddisfazione anche per questo. Una volta ogni tanto, si può fare tutto. Perfino lo zenzero va bene, una volta ogni tanto. Fast food e slow food. Tutt`e due. E se la gente si rassegnasse ad accogliere tutto, a diversificare, a non fare battaglie ideologiche, se sapesse assaporare anche le patatine che poi dopo poco si ammosciano e non solo quelle tagliate a mano e cotte al forno con la buccia, se sapesse conservare un po` di palato anche per le cose molto fritte e molto oleose e piene di ketchup, il mondo sarebbe migliore, le persone si comprenderebbero di più, nessuno si sentirebbe fuori posto, nessuno avrebbe paura di invitare gente a cena, le persone assaporerebbero i piatti inventati da un grande cuoco basco, quelli con ingredienti a chilometro zero, la gricia e l`happy meal con i Pokémon in regalo; smetterebbero di ingurgitare antiossidanti e basta, ma anche ossidanti per dare ancora più valore agli antiossidanti. Le persone si parlerebbero con altri toni e non mangerebbero più cornetti di nascosto. La tolleranza e la comprensione forse è questo: saper mangiare ogni tanto un cheeseburger menù, portare il vassoio a un tavolo libero, scartare la carta unta, togliere il cetriolo se proprio si vuole essere sofisticati e azzannare quella roba.



A cura di LUCA BERGAMINI
Si può a 52 anni - a un passo dalla pensione, affetto da diabete e artrite, di professione venditore ambulante prima di bicchieri di carta e poi di frullatori di frappè,fondare un impero come McDonald`s che ha cambiato l`industria della ristorazione, rivoluzionato le abitudini ed è diventato un`icona della Pop Art come la CocaCola o la zuppa Campbell e oggi ha 9.400 locali, alcuni di proprietà e altri in franchising, serve ogni giorno 19 milioni di clienti, quindi 13 mila clienti al minuto in tutto il mondo? Sì, si può, se siamo nell`America ottimistica degli anni Cinquanta, Ci vuole, però, un visionario cocciuto come Ray Kroc, rivoluzionario al pari di Mark Zuckerberg - anche il creatore di Facebook si è disfatto del co-fondatore in modi altrettanto spicci - per creare quella che oggi si chiamerebbe start-up battendo con la sua Buíck di seconda mano le strade d`America come si fa con la rete di internet. L`autobiografia La vera storia del genio che ha fondato McDonald`s (Newton Compton) e il biopic film The Founder diretto da John Lee Hancock e interpretato dall`intenso Michael Keaton con un`energia cinetica da Oscar - «Ray è l`icona più riuscita di quell`epoca americana in cui un`interpretazione molto personale del sistema e del capitalismo erano vincenti», ha dichiarato l`attore raccontano Kroc, senza nascondere il cinismo mostrato ad esempio nei confronti di Dick e Mac. I fratelli McDonald proprietari del chiosco watk up di hamburger a San Bernardino, veri inventori dello speedee system, il metodo veloce ed efficiente di servire i clienti in piedi (i primi dipendenti lo testarono su un campo da tennis, tracciando la cucina coi gessetti), sono troppo ritrosi e timorosi - provinciali secondo Ray - per credere nell`entusiastica intuizione di estendersi su scala nazionale. Puniti da questo figlio di un impiegato della Western Union di origini boeme nato a Chicago nel 1902 - da bambino venditore di limonate («ho imparato presto che si possono influenzare le persone con entusiasmo e sorrisi»), da ragazzo titolare di un negozio di ocarine e ukulele, da adulto ottimo pianista nei locali e alla radio- prima per l`ostinata opposizione ai cambiamenti, ad esempio la polvere per il milkshake, e poi per essersi rimangiati la parola data con quella stretta di mano sacra per Kroc. Il «fondatore» dei McDonald`s, fanatico della pulizia tanto da spazzare le piazzole dei locali e svuotare i cestini, si innamorò a prima vista dall`architettura con gli archi luminosi. Nelle sue molte vite guidò anche le ambulanze militari con Walt Disney, sposò la segretaria di John Wayne, fece scrivere i testi per gli allievi della sua Hamburger University a Luigi Salvaneschi, un laureato in diritto canonico all`Università Lateranense che lavorava nella cucina di un suo fast food. Cose possibili in quell`America che, come dice il persino adultero Kroc, «ne aveva abbastanza della negatività. E la nostra era proprio il tipo di storia che non vedeva l`ora di sentire».
 


03/01/2017