Il bibliotecario che scrive best seller per noia


Di Alberto Pezzini

Marcello Simoni verga un romanzone nella routine della libreria e lo pubblica solo in Spagna
Arrivato a 1 milione di copie, rientra Italia e trasforma i suoi thriller storici in una miniera d'oro

L'ultimo romanzo si intitola L'eredità dell'abate nero. Marcello Simoni, exbibliotecario di Ferrara classe 1975, un pallino per l'archeologia e i libri antichi, una carriera vissuta in leggerezza ma trapunta di copie vendute in tutto il mondo, si cimenta in una nuova avventura ambientata nella Firenze del 1459. È l'inizio di una saga in cui il protagonista è un ladro gentile, Tigrinus, ispirato alla figura leggendaria di Ghino di Tacco (Bettino Craxi lo usava come pseudonimo sull’Avanti), il nobiluomo senese di cui parlarono sia Boccaccio che Dante ed a cui sottrassero le terre facendone un uomo ansioso di vendicarsi ma senza mai scordare la tenerezza.

C'è anche Cosimo dei Medici, il banchiere progenitore della dinastia, Bianca, una donna bellissima e dal carattere spigoloso, un personaggio al confine come Francois Villon, poeta maledetto.
Un romanzo velocissimo, dotato di modernità e trafìtto di storia: il frutto di una ricerca profonda e di una concezione ben precisa della cultura. Simoni, dai tempi del suo primo best seller II mercante di libri maledetti vincitore del 60° Premio Bancarella e per circa un anno in testa alle classifiche italiane, non ha mai abbandonato un filone che oggi conta dieci libri scritti (tutti Newton ed uno, Il marchio dell'inquisitore, per Einaudi): il thriller storico.

Con questa formula ha venduto più di un milione di copie di cui è consapevole ma dice che non bisogna sbatterlo in faccia agli altri. Perchè?
«Quando si è appagati, che bisogno c'è di farlo pesare? Faccio un lavoro che mi piace e sono soddisfatto».

Quando hai cominciato ad accarezzare il sogno di scrittore?
«Verso i 15 anni. Ogni volta che entravo in libreria mi ritrovavo pile di Stephen King e Lover-craft. Misery non deve morire è un vero e proprio trattato di scrittura».

Quando hai capito che la tua vita stava cambiando? Sono importanti i colpi di fortuna per uno scrittore? «Sono fondamentali. Sono convinto che i treni passino per tutti. Il problema è saperli riconoscere e non restare passivi. Quando scrissi il Mercante di libri maledetti lo feci per combattere la routine odiosa del bibliotecario. Mi ritrovai con un malloppo di circa trecento pagine che spedii ai primi 10 editori italiani. Non mi rispose nessuno. Una mia dote è cercare di capire come vanno le cose. Finii sul sito della casa editrice Boveda, spagnola. Inviai una email secca, in inglese, con una sinossi del libro e qualche pagina».

Riscontro?
 «Dopo una settimana mi risposero subito, con toni rispettosi. Pubblicarono il mio libro in Spagna nel 2010 e l'anno dopo l'Italia si accorse del sottoscritto».

 Nei tuoi romanzi riesci a mescolare modernità e lingua del tempo, dando vita ad un linguaggio erudito ma non saccente. Come fai?
«Bisogna stare attenti a non montare in cattedra o scivolare verso la deriva insidiosa del saggio storico. Ho sposato la teoria per cui la cultura in generale continua a palpitare se non smette di divertire. Dante e Boccaccio sono riusciti a sopravvivere per secoli grazie ad una narrativa di genere, molto diffusa all'epoca (il progenitore è il Somnium Scipionis e tutto ciò che arriva dal sogno). L'intrattenimento è fondamentale».

Non pensi che la tua leggerezza possa confondersi con la banalità?
«No. Dietro i miei romanzi c'è una ricerca meticolosa. Di solito la penna mi prende la mano ancor prima di terminare la fase documentale ma ciò accade quando ho già immagazzinato una nutrita mole di notizie. Il punto è un altro. Se leggi le classifiche oggi - da una parte mi fanno piacere - dall'altra mi sconvolgono. Accanto a ebook di Camilleri o miei puoi trovare decine di libri similporno con titoli banali. Ma le persone leggono i libri o si limitano ad acquistarli?».

Stai demonizzando la letteratura hard in voga oggi?
«No, ma tanti lettori si comportano verso i libri come quelli che scrivono le recensioni su tri-padvisor per i ristoranti:ho mangiato poco ma ho pagato molto mentre altri scrivono ho mangiato molto e pagato poco. Non sanno più distinguere».

Quando scrivi?
«Tutti i giorni, dalle 10 -10.30 alle 17.00. Se non mi rompono le scatole anche un paio d'ore a Natale».

Il tuo piatto preferito.
«Le lasagne accompagnate da un bicchiere di Amarone».

Ascolti musica quando scrivi?
«No. La ascolto quando penso ad un libro. Sono innamorato della chitarra elettrica - che un tempo suonavo - e dei fraseggi che si riescono ad estrarre da uno strumento del genere ma non di certe schitarrate che chiunque può imitare dopo circa tre mesi di un corso per corrispondenza. Complessi come i Nirvana hanno ucciso la musica rock».

Quali hobby hai?
«Sono un grande fan della Play Station e dei videogiochi. Mi piace il cinema da morire, sono un cinefilo».

Il tuo film preferito?
«Il buono, il brutto e il cattivo, È una piccola odissea del West dove nessun personaggio è positivo. Sono tutti cattivi».

Come Tigrinus?
«Non direi proprio. I cattivi sono altri».

Fonte: Libero 27/06/2017


27/06/2017

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