Guerra e amore in Toscana. Il mio romanzo nella Toscana di eroi e partigiani


Dinah Jefferies racconta come è nato il suo romanzo «La ragazza nel giardino degli ulivi»

«Mi hanno ispirato le storie dei partigiani e il coraggio degli abitanti»

 

Nell’agosto del 2018, in occasione del nostro ventesimo anniversario di matrimonio, io e mio marito siamo andati in Toscana per festeggiare con tutta la famiglia. Dopo il lungo viaggio eravamo accaldati, sudati e insofferenti, ma quando siamo entrati nella casa dalle persiane scure alle pendici dell’Appennino toscano e abbiamo spalancato una finestra, abbiamo inspirato a pieni polmoni il profumo intenso del rosmarino, e il panorama che ci siamo trovati di fronte ci ha lasciati a bocca aperta. La vista sul fiume Serchio, con le Alpi Apuane in lontananza, era davvero mozzafiato.

Ero emozionatissima per essere tornata in Toscana e, con il desiderio di inondare di luce la bellissima casa-vacanza che avevamo preso in affitto, mi sono messa a correre da una parte all’altra per andare a spalancare tutte le persiane, pronta ad accogliere l’arrivo degli altri, ma all’improvviso sono inciampata e, immobilizzata da un dolore lancinante, ho lanciato un grido. Così, per tre giorni, sdraiata su una chaise longue e con gli impacchi di ghiaccio sulla caviglia slogata, ho letto tutti i libri e le riviste in inglese che ho trovato in casa. Affascinata e ispirata dalle storie dei partigiani e dal coraggio della gente del posto che aveva aiutato gli Alleati a liberare la penisola italiana dal dominio nazista, ho capito che dovevo ambientare un libro in questo contesto.

Il punto è che ero in vacanza, non avevo messo in conto di pensare al mio prossimo romanzo e, fino a quel momento, ciò che era accaduto in Toscana durante la Seconda guerra mondiale per me era un mistero. Ma gli episodi chiave di cui è costellata la Storia sono intriganti e, continuando a leggere, mi sono resa conto che non c’era niente di più drammatico degli eventi avvenuti qui in Toscana nei mesi a cavallo tra il 1943 e il 1944. Se non fossi caduta, non avrei mai letto i libri che si trovavano in quella casa. Invece così, per puro caso, era appena sbocciata l’idea di partenza del mio ultimo romanzo.

Ma a fornirmi l’ispirazione per questo libro c’è stata anche un’esperienza precedente. Per qualche mese, nel 1969, ho lavorato come ragazza alla pari per il conte Guicciardini Strozzi, figura di spicco del teatro italiano del ventesimo secolo, e per sua moglie Margherita. Molto prima dell’arrivo delle orde di turisti, ho vissuto nella rocca di Montestaffoli, a San Gimignano, che è stata di proprietà di Roberto Guicciardini fino alla metà degli anni Settanta. Anche dopo essermene andata, però, continuavo a essere ossessionata dalle altissime torri di San Gimignano. Come sarebbe stato precipitare da quell’altezza?

Ma è tempo di fare un bel salto in avanti nel tempo e di tornare a una piovosa giornata di novembre dell’autunno del 2018, quando siamo arrivati al castello di Gargonza, non lontano da Monte San Savino, ad Arezzo. Con le sue imponenti mura medievali e, soprattutto, con una torre merlata, Gargonza aveva un aspetto torvo e minaccioso. Era perfetto per la mia storia ambientata durante la Seconda guerra mondiale, così è diventato il mio borgo di fantasia, che ho ribattezzato con il nome di Castello de’ Corsi. Dopo la guerra il borgo era diventato una città fantasma, ma il conte Roberto Guicciardini Corsi Salviati l’ha salvato dall’orlo della rovina e lo ha trasformato in un albergo da favola. Suo figlio, Neri, che ne è l’attuale proprietario, mi ha fornito molteplici informazioni su Gargonza e sulla Seconda guerra mondiale.

L’ispirazione per i tunnel usati dai miei personaggi per nascondere un cadavere e sfuggire ai bombardamenti viene da un’altra città fantasma appollaiata in cima a una collina, il borgo di Poggio Santa Cecilia, a Rapolano Terme. Dato che non è accessibile al pubblico, purtroppo non sono riuscita a esplorarlo dall’interno, ma ho risalito parte della collina, che si dice sia piena di cunicoli segreti.

Anche se il romanzo si svolge in tempo di guerra, era importante smorzare tanta cupezza con un po’ di luce, e io l’ho fatto concentrandomi sullo splendido panorama toscano. Così abbiamo girato in lungo e in largo per la zona, per scattare fotografie ed esplorare i magnifici borghetti e le vecchie cittadine toscane, in cerca dell’ambientazione perfetta per il mio libro. Alla fine, la scelta è ricaduta su Montepulciano, città medievale e rinascimentale di origini etrusche che ho usato in due capitoli, nel più importante dei quali ho rievocato l’emozionante arrivo degli Alleati giunti a liberare la città dall’occupazione nazista.

Sempre a novembre del 2018, quando abbiamo scoperto il piccolo borgo di Lucignano d’Asso, la sera del nostro ultimo giorno di viaggio, avevo ormai le idee ben chiare su dove avrei ambientato la maggior parte dei capitoli del mio libro. Avrei ricreato il mio borgo di fantasia basandomi sul modello architettonico del castello di Gargonza, ma lo avrei inserito in questa nuova cornice. A quel punto, di conseguenza, era fondamentale esplorare più a fondo la nuova zona, perciò siamo tornati in Toscana nel maggio del 2019 e abbiamo soggiornato nella deliziosa Lucignano. Da lì abbiamo visitato il suggestivo borgo medievale di Buonconvento, con i suoi edifici di mattoni rossi, in cui ha luogo una delle scene più crude e drammatiche del romanzo.

Quello avrebbe dovuto essere l’ultimo viaggio per raccogliere la documentazione necessaria, ma a ottobre del 2019, arrivata a scrivere circa metà del romanzo, mi sono resa conto che avrei dovuto ambientare alcuni capitoli a Firenze. Quale scusa migliore per salire sul primo aereo e pernottare in un favoloso palazzo rinascimentale con vista sul fiume Arno? E quello è diventato il palazzo di Sofia, la protagonista del libro.

Per quanto riguarda la trama del romanzo, ci sono due eroine coraggiose – Sofia, una contessa, e Maxine, un’italoamericana che combatte insieme alla Resistenza – pronte a rischiare il tutto e per tutto per aiutare gli Alleati e salvare le persone che amano. Ho deciso che la storia doveva dipanarsi sullo sfondo della meravigliosa campagna toscana, dove vengono commesse atrocità indicibili, l’amore viene trovato e poi perduto, e il coraggio viene messo alla prova e portato al suo limite estremo.

È un romanzo intenso, avvincente e complesso che parla di amicizia e di amore, e che ho dedicato alla memoria di tutto il popolo italiano, il cui coraggio e valore sono stati per me fonte di ispirazione.

 

Dinah Jefferies su Il Corriere fiorentino

Traduzione di Clara Serretta


23/07/2020

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