Giappone, tra storia e cultura pop, passato e presente: come lo immaginiamo, com’è realmente


Per tracciare un ritratto realistico del Giappone, che vada al di là della sua immagine più artificiale e stereotipata, è doveroso guardare al suo pasato. Ne scrive su Il libraio.it Mia Another (pseudonimo di una scrittrice italiana), autrice di Tokyo a mezzanotte, in occasione delle Olimpiadi

Mia Another su Il libraio.it

 

In Giappone, più precisamente nella prefettura di Yamaguchi, esiste una stazione fantasma, persa nella natura, inaccessibile dall’esterno se non in treno. In questa struttura non vi è nulla: non c’è un bar, né servizi pubblici o biglietterie. Non è collegata ad alcuna strada, e quando vi si mette piede non si può fare assolutamente niente, se non sedersi, ammirare il panorama, il fiume che scorre e aspettare il prossimo treno – che è, oltretutto, l’unico modo per andarsene. Si chiama Seiryu Miharashi, e per quanto possa sembrare qualcosa di insensato, porta con sé un significato profondo: l’importanza di fermarsi e di aspettare, prendersi qualche minuto per sé, e apprezzare lo scorrere del tempo e la bellezza della natura. La stazione di Seiryu Miharashi è uno di quegli elementi simbolici importanti che risultano incomprensibili a noi occidentali, per quanto affascinanti, e che nell’insieme contribuiscono a farci pensare al Giappone come un luogo distante, un mondo a parte, con il quale risulta impossibile confrontarsi. Tuttavia, mai come quest’anno, in occasione della trentaduesima Olimpiade che si terrà a Tokyo a partire dal prossimo 23 luglio, il paese del Sol Levante ci è parso così vicino.

 Il mondo dei fumetti e dell’animazione, le produzioni cinematografiche e letterarie, hanno contribuito a creare un immaginario collettivo sul Giappone che si divide tra giovani eroine in divisa o imbattibili ninja, onorevoli samurai, geisha e signori feudali del passato, odierni uomini d’affari sempre indaffarati e di corsa verso l’ultimo tram. Ma se questa è l’immagine “pop” del Giappone, la più artificiale e stereotipata, qual è invece il suo ritratto realistico?

 

Per tracciare un dipinto chiaro del Giappone, è doveroso guardare al suo passato.

È interessante notare che, nel corso della propria storia, la terra del Sol Levante non sia mai stata colonizzata: questo è uno dei fattori che le ha permesso di conservare tradizioni millenarie e tramandarle quasi intatte fino a oggi, inclusi i culti buddisti e shintoisti, che la popolazione giapponese è riuscita a conciliare in un magnifico equilibrio, proteggendoli da qualsiasi influenza esterna. Le cose iniziarono a cambiare intorno al 1850 circa, periodo in cui numerose navi estere si avvicinarono alle coste nipponiche rivendicando il diritto del libero commercio: a quel punto, l’allora governo feudale dovette cedere alle pressioni e aprire le frontiere ai nuovi arrivati. Iniziò così un percorso lento e graduale di apertura del Giappone verso il mondo esterno, che ne scopriva per la prima volta le caratteristiche, restandone ammaliato e anche perplesso. Questo processo venne accelerato, per forza di cose, dagli esiti della seconda guerra mondiale e dall’ingresso delle truppe statunitensi sul suolo nipponico.

Dalle ceneri della guerra, il Giappone iniziò la propria ricostruzione, che fu incredibilmente rapida, considerando le ingenti perdite subite, ma che lo portò verso un grande sviluppo urbanistico ed economico, rendendolo ad oggi la terza economia mondiale e consacrandolo come uno dei paesi più avanzati e organizzati del globo. Il simbolo di questa ripresa è divenuto una meta turistica e si erge ancora sotto gli occhi di tutti, in uno dei quartieri più popolosi della capitale: si tratta della Tokyo Tower, una torre per le telecomunicazioni di colore bianco e arancione, che offre una vista panoramica su una porzione della megalopoli, facendo da congiunzione tra due ere, e che “abbraccia il futuro rispettando il passato”, come dicono i giapponesi.

 

Ad oggi, pur essendo aperto al resto del mondo e ricco di mete turistiche, il Giappone non ha ancora perso l’alone di mistero e riservatezza che lo ha sempre caratterizzato.

Nelle città più grandi i giapponesi sono abituati a vedere transitare persone di diverse etnie e turisti provenienti da ogni luogo, ma nei paesi più piccoli, nei quartieri meno turistici, aleggia ancora una certa diffidenza nei confronti di chi viene dall’estero, e permane un atteggiamento di custodia e delle proprie tradizioni. Non si tratta di semplice gelosia, ma di un più complesso sentimento di fierezza e protezione: alcuni sono convinti che chi viene da fuori non sia in grado di capire e apprezzare appieno le fini sfaccettature, i riti e i simboli che caratterizzano questa preziosa cultura. Basti pensare che esistono tuttora alcune strutture presso le quali l’ingresso ai non giapponesi non è consentito. Negli onsen, le stazioni termali, più tradizionali, nelle misteriose case da tè – le poche ancora rimaste – nei club più esclusivi o nelle lussuose locande risalenti al periodo Edo, la permanenza degli stranieri non è contemplata. Ci sono tesori e segreti che, a quanto pare, solo chi è nato e cresciuto nella terra del Sol Levante ha il privilegio di poter assaporare.

La società giapponese resta sospesa su un filo tra modernità e tradizione, grattacieli e templi, tecnologia e leggende: una parte di questa realtà è messa in evidenza dal romanzo Finché il caffè è caldo, di Toshikazu Yamaguchi, una lettura che offre un’interessante vista sulla quotidianità di diversi personaggi nella città di Tokyo.

Questo, però, non vuol dire che la popolazione nipponica sia ostile o poco accogliente, anzi: pur non rinunciando mai alla propria etichetta, i giapponesi accolgono con gioia e spiccata curiosità le persone che vengono dall’estero, mostrando interesse e attenzione al benessere dei propri ospiti. Il concetto di garbata ospitalità è parte importante della cultura nipponica, sebbene ciò non basti a dissipare del tutto la sensazione di smarrimento che noi occidentali potremmo provare, ritrovandoci in un luogo così diverso dalle nostre aspettative, complicato da comprendere.

 

È questo ciò che ho cercato di raccontare in Tokyo a mezzanotte, attraverso gli occhi di Hailey, che parte per Tokyo convinta che sarà tutto semplice e divertente come tra le pagine di un manga, e che invece troverà un ambiente difficile a cui adattarsi. Per fortuna, al suo fianco ci sarà Naoki, emblema dell’equilibrio tra le due dimensioni, a farle da guida. E insieme troveranno un punto in cui fermarsi a osservare le proprie vite da lontano, godendosi il tempo che scorre, almeno per qualche minuto. Proprio come nella stazione di Seiryu Miharashi.

 

 

 

 


22/07/2021

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