Caterina De’ Medici è meno «Dark»


Elzeviro/ Il ritratto di Strukul

di Ranieri Polese

Ci voleva un bel coraggio per scrivere la storia romanzata di un personaggio come Caterina de' Medici. Coraggio che evidentemente non fa difetto a Matteo Strukul, autore bestseller di due romanzi dedicati ai Medici, il primo a Cosimo il Vecchio, fondatore della casata, il secondo a Lorenzo il Magnifico. Ma Caterina, con cui si conclude il trittico mediceo (Una regina al potere, Newton Compton), è una figura molto più complessa. Prima dark lady dell'immaginario moderno, questa regina vestita di nero si trovò a vivere il periodo più fosco della storia di Francia, in mezzo ai massacri delle guerre di religione mentre sul trono si avvicendarono tre suoi figli, tutti destinati a morte prematura. E su di lei fiorirono nerissime leggende (avvelenatrice, esperta di arti magiche, protettrice di astrologi e stregoni, malefica seguace di Machiavelli) che ancora oggi sono legate al suo nome.

Strukul sa bene che poteva essere un azzardo eccessivo mettersi in gara con Alexandre Dumas padre e la sua trilogia dei Valois: La regina Margot, La dama di Monsoreau, I quarantacinque. Così, se Dumas parte dalla notte di San Bartolomeo (23-24 agosto 1572), Strukul invece tratta la fatale notte solo a 40 pagine dalla fine del romanzo. Si interessa, lui, molto di più dei primi anni in Francia quando Caterina, umiliata dal marito che ostenta la sua relazione con Diana di Poitiers, disprezzata dai cortigiani che la considerano una mercantessa fiorentina indegna della famiglia reale, saprà avere pazienza e costanza fino a quando, morto il marito Enrico n nel 1559, si prenderà la sua rivincita.

Resta aperto il quesito sulla responsabilità di Caterina nell'eccidio in cui, a fine agosto 1572, a Parigi e nel resto del Paese, morirono circa 30 mila ugonotti. Dumas incolpava direttamente Caterina: invitati a Parigi tutti i signori protestanti con il pretesto del matrimonio della figlia Margherita con Enrico di Navarra (il futuro Enrico IV), fu lei a dare l'ordine di ucciderli tutti. Sotto l'influenza di Dumas, così, si dipingono quadri, si scrivono romanzi e drammi teatrali, si girano film (da Intolerance di Griffith alla Reine Margot di Patrice Chéreau, con una grandissima Virna Lisi regina madre).

Ma Strukul sa bene che, da Balzac in poi, c'è una corrente revisionista che approva l'operato della regina in nome della salvezza dell'unità della Francia. E che ci sono anche storici che discolpano Caterina, attribuendo al giovane re Carlo IX la decisione di scatenare il massacro. Nel suo romanzo Strukul propende per una via di mezzo: il matrimonio di Margherita non fu una trappola per i protestanti; furono i Guisa a tentare di uccidere il capo degli ugonotti Coligny; per la paura di una reazione armata dei protestanti, Caterina si vide costretta a prevenire il loro attacco. E fece pressione sul figlio Carlo IX perché desse l'ordine. Portandosi dietro, da quella notte, dolorosi rimorsi che dovevano rendere ancora più triste la sua lunga vedovanza.

Per Strukul, la regina nera è una donna sola, madre di figli inadatti al ruolo di re, circondata da molti nemici, consapevole che con lei si estingueva la casata dei Valois. Unico conforto di questi anni terribili, la vicinanza della sua guardia del corpo Raymond de Polignac, un personaggio di fiction che fa un po' pensare a Mr Brown, il servitore della regina Vittoria d'Inghilterra, anche lei vedova per tanti anni.

Insomma, alla fine del romanzo, ci si chiede chi fu veramente Caterina: una spietata amante del potere, superstiziosa, cinica e assassina; oppure una gran donna che vide morire tutti i suoi uomini, instancabile ricercatrice di mediazioni tra le fazioni contrapposte, eccelsa maestra di cucina e di festeggiamenti, protettrice di artisti? Ai lettori l'ardua sentenza.

Fonte: Il Corriere della Sera 01/08/2017


01/08/2017

Scarica file PDF allegato