Anna Premoli: se la bellezza diventa un ostacolo sul lavoro


Una delle penne più amate del romance italiano si mette a disposizione della nostra testata, per scrivere un testo in difesa della bellezza: che non deve essere considerata un lasciapassare per il mondo del lavoro, ma nemmeno una prigione

di Anna Premoli


La bellezza è la migliore lettera di raccomandazione, diceva Aristotele. E di certo deve esserlo per le donne, se le bambine particolarmente graziose sin dalla tenera età si sentono ripetere “Come sei bella”.
Quello che può essere un innocente complimento con il tempo si trasforma tuttavia in una sorta di prigione. Fateci caso: siamo soliti ripetere ai nostri figli maschi quanto siano belli man mano che crescono? Direi proprio di no. Siamo invece naturalmente portati a esaltare tante altre loro qualità: il coraggio, la determinazione, l’intelligenza, per citarne solo alcune.
Per quel che concerne le bambine, invece, la bellezza è inspiegabilmente punto di partenza ma anche d’arrivo, come se tutto il resto fosse solo contorno. Ecco perché abbiamo storto il naso nell’udire il conduttore televisivo Amadeus presentare le donne che ha scelto di avere accanto durante Sanremo con quella fastidiosa insistenza sulla loro avvenenza; perché passano gli anni, crescono le conquiste e le percentuali di donne ormai inserite anche nei settori professionali solitamente più appannaggio maschile, ma sempre sulla bellezza si torna. Tra l’altro, non un concetto di bellezza eterogenea, ma incredibilmente stereotipata. Il canone odierno non concede sconti: ti vuole alta, magra, con un notevole “stacco di coscia”, un viso perfettamente proporzionato e lunghi capelli fluenti. Lo confesso, sorrido amaramente all’idea che le tante battaglie femministe di questi ultimi due secoli non siano riuscite a scalfire questo concetto così radicato di fascino intrinsecamente legato alla bellezza fisica.

Il modo più o meno dichiarato in cui funziona la nostra società costringe le donne che vogliono puntare sulla propria affermazione professionale a una serie di scelte: ovvero, se vuoi essere presa sul serio, sappi che l’aspetto fisico in un primo momento non solo non ti sarà d’aiuto, ma anzi rappresenterà un ostacolo. È necessario non dare troppo nell’occhio, non sia mai che gli uomini incollati alle loro scrivanie possano distrarsi.
Credo di non aver indossato per anni una gonna in ufficio, dopo aver messo piede nell’adrenalinico mondo degli investimenti finanziari. In qualche modo le regole del gioco mi erano chiare anche senza che qualcuno avesse dovuto elencarmele apertamente. Perciò, con l’entusiasmo che contraddistingue ogni persona che si affaccia per la prima volta al mondo del lavoro, ricordo di essere andata a fare shopping e di aver comprato una sfilza di tailleur rigorosamente pantalone. Le mie giacche non erano attillate, le mie scarpe maschili o in ogni caso molto funzionali. Infine, i miei capelli lunghi e biondi erano quasi sempre legati. Non volevo distrarre ma solo confondermi. One of the guys, come si suole dire. Perché, che lo si voglia ammettere o meno, le donne che desiderano essere prese sul serio e dimostrare il proprio valore spesso lo devono fare a scapito del proprio aspetto.
A me sono serviti anni e anni per riuscire a fare pace con me stessa e per coniugare nella maniera corretta la mia professionalità e il mio aspetto fisico. Quest’anno compirò quarant’anni, che mi piace pensare di portare più che degnamente, ma solo negli ultimi cinque ho davvero imparato, complice la mia esperienza, il sudore lasciato sul campo e la consapevolezza di quanto valgo, che la mia femminilità non è un ostacolo ma una risorsa.
Il tema della bellezza stereotipata e della gabbia che costituisce per le donne è ancora più lampante nei settori come lo show business o la musica. Se prendiamo in considerazione il variegato mondo dei cantanti, difficilmente ci verrà in mente un uomo a cui si faccia notare di essere ingrassato o poco piacente. Inutile a dirsi, la stessa regola non vale per le cantanti donne, che, oltre a doversi reinventare costantemente, rimangono legate alla propria immagine esteriore molto più di quanto vorrebbero. Ecco perché non mi stupisce che una Billie Eilish oggi opti quasi per una sorta di travestimento: la sua è un’originale scelta stilistica, ma anche un modo per sfuggire alle regole dell’apparire ancora scolpite nella pietra.
Lo scrittore John Green paragona il voler stare accanto alle persone, solo perché attraenti, allo scegliere i cereali per la colazione sulla base del colore invece che del gusto. Ecco, forse è così che dovremmo iniziare a giudicare le persone anche e soprattutto nel mondo del lavoro: per il loro gusto. Alla fine, siamo tutti cereali.

Anna Premoli è autrice di Molto amore per nulla, Newton Compton Editori, storia di Viola Brunello, avvocato d’affari con uno studio avviato da poco, che inciampa nell'amore mentre cerca di affrontare sfide lavorative che la portano a confrontarsi con un mondo in cui la bellezza diventa un ostacolo, e non un lasciapassare.
Ma questo non è che il tredicesimo libro di Premoli. Nata nel 1980 in Croazia, vive a Milano e dopo la laurea alla Bocconi e un lavoro per una banca privata, ha accettato una nuova sfida nel campo degli investimenti finanziari. Poi ha iniziato a scrivere e con il suo primo romanzo "Ti prego lasciati odiare" ha vinto il Premio Bancarella. "Molto amore per nulla" arriva in libreria il 24 febbraio e presto sarà anche al cinema, poiché i diritti sono stati opzionati da una casa di produzione cinematografica.

Fonte: D - La Repubblica 25/02/2020


26/02/2020

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