Angela Marsons: "Ecco perché la mia Inghilterra nera conquista i lettori"


Angela Marsons Autrice da milioni di copie, è arrivata al successo dopo molti rifiuti da parte del mondo editoriale. Perché, spiega, finalmente ha scelto di raccontare nei suoi thriller quel che conosceva meglio: gli inglesi proletari e dimenticati, e i nuovi immigrati

Lara Crinò su Repubblica.it

Un bambino abbandonato davanti alla stazione di polizia di Halesowen, Black Country, Inghilterra. Una giovane prostituta uccisa. Una madre che denuncia la scomparsa della figlia sedicenne. Sono le coordinate dell’intricata doppia indagine che Kim Stone, la detective inventata dall’inglese Angela Marsons, conduce nell’ultimo romanzo che la vede protagonista, Quelli che uccidono.

 Autrice da 4 milioni di copie nel mondo, tradotta in 28 paesi, in Italia ha già pubblicato (sempre per Newton Compton ) altri sette romanzi. Fanno tutti parte della serie poliziesca che vede protagonisti l’agente Stone e i suoi colleghi, un filone che per l’editore inglese Bookouture, che ha scoperto l’autrice nel 2015, conta già 16 volumi. Marsons ha firmato un accordo per altre 12 avventure della serie di Kim Stone, che saranno quindi in totale 28. Un fenomeno singolare persino per il genere giallo, dove è consueto che il pubblico si affezioni ai personaggi e alle ambientazioni; perché la scrittura di Angela Marsons, che incrocia abilmente storie e piani narrativi, concede pochissimo a ciò che solitamente ammorbidisce il genere: lo scenario è il grigio nord dell’Inghilterra, quella Black Country così chiamata per le sue antiche miniere di carbone che ne fecero uno degli epicentri della rivoluzione industriale, oggi area impoverita e risolutamente pro Brexit, in cui la nuova immigrazione dall’est Europa e dai paesi extraeuropei condivide il destino amaro del proletariato britannico. Al tempo stesso, i poliziotti delle storie di Marsons sono eroi malandati e solitari, della cui vita privata sappiamo poco o nulla. Eppure, la trama ci porta fino alla fine; dove Stone e i suoi cercano, con tutte le loro forze, di rendere giustizia – spesso postuma – ai più derelitti e dimenticati.

La sua storia editoriale è molto particolare. Per molti anni i suoi manoscritti sono stati rifiutati dagli editori; oggi invece vende milioni di copie. Si è data una spiegazione per questo cambiamento così repentino?

"E’ vero che ho cercato per molti anni di condividere il mio lavoro; la risposta degli editori era spesso piuttosto positiva, ma non abbastanza: apprezzavano le mie storie, ma non le amavano. Credo che a volte gli editori per così dire tradizionali non diano abbastanza credito al pubblico dei lettori nel tentare di proporre qualcosa di diverso. Ho avuto la fortuna che Bookouture, il mio editore inglese, si sia innamorato del mio personaggio, Kim Stone, tanto quanto me e le abbia dato una possibilità. Non vorrei essere in questo viaggio editoriale con nessun altro".

Come è riuscita, in tutti questi anni di scrittura, a non perdere la speranza che i suoi romanzi sarebbero stati pubblicati?

"Non ho intenzione di fingere che a volte non sia stato difficile, specialmente nei giorni in cui quattro o cinque rifiuti arrivavano ??nella mia cassetta delle lettere contemporaneamente. È stata dura mantenere l'entusiasmo. La mia compagna però mi ha accompagnato in questo viaggio e ha sempre trovato modi (a volte subdoli) per riportarmi alla mia scrivania. Capitava che mi prendessi qualche settimana di pausa per leccarmi le ferite, ma mi ritrovavo sempre a voler scrivere un'altra storia o a immaginare un altro personaggio, che mi appariva in testa e mi parlava finché non lo mettevo su carta".

I suoi romanzi sono ambientati nella Black Country, una zona dell’Inghilterra che non molti conoscono all'estero, sicuramente meno "pittoresca" di altre parti della Gran Bretagna. Cosa implica trasformarla nel set dei suoi thriller?

"Ho passato molti anni a scrivere libri che pensavo sarebbero piaciuti ad agenti ed editori. Inventavo personaggi e ambientazioni che ritenevo avrebbero incontrato il loro gusto, e quello del pubblico. Urla nel silenzio è stato un atto di ribellione: ho deciso di scrivere esattamente quello che volevo scrivere e di ambientare i libri nel luogo in cui vivo, così da poterlo raccontare con autorità. Penso anche che il passato industriale così duro del Black Country si adatti molto bene al personaggio di Kim Stone. Non sarebbe adatta a vivere in una pittoresca zona di campagna".

Kim e la Black Country in effetti combaciano perfettamente. Come è nata la sua poliziotta?

"La voce di Kim era nella mia mente da molti anni, ma non l'ho lasciata uscire perché non sembrava molto simpatica. Credevo di dover rendere i miei personaggi molto più affabili per attirare i lettori, ma quando ho iniziato Urla nel silenzio ho deciso di andare avanti con tutte le cose che ribollivano nella mia mente da molto tempo. Solo quando ho iniziato a delinearla ho cominciato a capirla meglio. Mi sono resa conto che aveva molti lati positivi e negativi e che andava bene anche se non piaceva a tutti, perché nella vita succede così: non piacciamo mai a tutti".

Perché ha scelto di renderla così solitaria?

"È stato un effetto a catena. La sua voce era molto chiara per me, ma mi ci è voluto un po' per capire cosa c'era nel suo passato che l'ha resa così. Quelle stesse ragioni influenzano la sua capacità di stringere relazioni amorose strette a questo punto della sua vita. Non credo che la serie di cui è protagonista abbia bisogno di romanticismo per Kim. Cerco di contrastare l'oscurità della trama con l’umorismo piuttosto che con il romanticismo. Non voglio che il lettore sia costantemente bloccato nello scenario del "lo faranno, non lo faranno" di Kim e di un altro personaggio".

A un certo punto del romanzo, qualcuno riflette sul fatto che le morti delle prostitute non interessano l'opinione pubblica. È per questo, per riflettere sugli ultimi, su quelli di cui non importa a nessuno, che lei scrive di immigrati, prostitute, persone in difficoltà? Per restituire loro quella voce che in realtà non hanno?

"Non credo che sia compito di uno scrittore di gialli predicare sulla società e sui problemi, ma credo che se l'attenzione può essere riportata su situazioni e persone meno fortunate o meno riconosciute inserendo questi argomenti nelle trame, allora non è una cosa negativa. Una delle passioni di Kim è combattere per i perdenti, quindi sono felice di sollevare questioni importanti e affrontarle attraverso il suo viaggio".

So che la serie di Kim è molto lunga, ma sta pensando a qualche serie parallela?

"Recentemente ho firmato per altri 12 libri della serie, per un totale di 28. Scrivere due libri di Kim all'anno lascia poco tempo per sviluppare altre serie, anche se non escluderei piccoli spin off qua e là se il tempo lo consente".

C'è un'ipotesi che le tue storie diventino materiale per la televisione, per le piattaforme di streaming?

"Le mie storie suscitano spesso interesse, ma tendo a non pensarci più perché non è mai stato il mio sogno vederle diventare un film o una serie. Volevo scrivere libri e farne il mio lavoro. I miei favolosi lettori sia a casa che in altri paesi (soprattutto in Italia) lo hanno reso realtà; mi pizzico ancora ogni giorno che ho la fortuna di vivere questo sogno".

 

 


10/10/2021

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