L'intervista parallela alle signore del giallo


Angela Marsons «Tutti noi siamo potenziali vittime»

Interviste di IDA BOZZI


Palazzi abbandonati, quartieri bui, tossicodipendenti uccisi, criminali minorenni, disagio, sangue: i polizieschi di Angela Marsons sono crudi fin dall'ambientazione, rocciosi come il cognome della protagonista, Kim Store (che vuol dire pietra). Ed è proprio quel che vuole Marsons: mostrare, in thriller molto coinvolgenti, il volto oscuro di una regione, la Black Country inglese, area industriale che ha patito tutti i colpi della crisi. Con le conseguenze che Angela Marsons racconta. 

1. Perché leggiamo un thriller?
«Leggiamo thriller per sfuggire alla vita di tutti i giorni, per essere trasportati in una realtà lontana dalla nostra. Ma anche per esplorare il lato oscuro dell'umanità. Con un giallo possiamo farlo da una distanza di sicurezza: conoscere la depravazione, l'ossessione, l'omicidio mettendo però noi stessi e le nostre famiglie ben lontano da quella situazione. C'è chi legge i thriller per l'adrenalina, o per cimentarsi come detective dilettante. Ma ci sono altri motivi: per l'argomento, o perché non si ama vedere i thriller in tv o al cinema. E molti, apprezzano il rapporto con i personaggi: i lettori mi raccontano quanto amano Kim Store o Bryant e quanto li sentano come persone che potrebbero incontrare per strada».

2.Che differenza c'è tra un detective maschio e una detective femmina? E tra gli scrittori maschi e femmine? 
«Difficile rispondere, anche perché non riesco a leggere quanti autori maschi vorrei e tendo ad apprezzare di più le donne. Non è facile dire se lo scrittore è maschio o femmina (e molti autori di thriller psicologici usano le iniziali invece del nome per non rivelare di che sesso sono). Gli scrittori maschi tendono a scrivere in modo più grintoso e duro, una scrittrice esplora di più la motivazione emotiva dei personaggi. Ma uno dei miei autori preferiti, Sidney Sheldon, ha il dono di comprendere completamente la mente femminile, nel bene e nel male. Alcuni maschi tendono a caratterizzare i loro eroi con problemi di alcool, o problemi matrimoniali, o entrambi. Sir Arthur Conan Doyle diede a Sherlock Holmes misteriosi poteri di deduzione ma scarsa connessione emotiva con le vittime, permettendo a Watson di ricoprire questo ruolo. E un'altra delle mie autrici preferite, Carol O'Connell, scrive che la sua eroina, Kathy Mallory, non ha alcuna emozione. La mia Kim Store mostra poche emozioni, pervia di un passato che l'ha resa ciò che è — ma ci sono sottili indizi che ne abbia. E la voce che sento quando scrivo di lei è certo femminile».  

3. Quanto della sua narrativa racconta la realtà sociale, economica, psicologica del suo Paese? 
«Sì, la mia narrativa riflette la situazione reale del Paese. I libri sono ambientati nella Black Country, che ha un ricco passato industriale ma ora è piena di aree industriali vuote, palazzi abbandonati, strade deserte. E questo accade in tatto il Paese, dove il commercio locale è stato sostituito dal mercato di massa e spariscono le industrie. Si dice che Tolkien creò la terra arida di Mordar pensando alla Black Country, e che quando la regina Vittoria la attraversava, chiudesse le tende della carrozza. L'aumento demografico e la perdita dell'industria hanno fatto crescere il social housing, edilizia sociale con insediamenti tentacolari: nei miei libri, l'area fittizia di Hollytree è un sobborgo di questo tipo, ritratto come un'area che genera disperazione». 

4. Chi è l'assassino? Dov'è il Male, in senso amano e sociale, oggi?
«Credo che il male possa da sempre assumere molte forme: ora però lo conosciamo di più attraverso i social media e internet. E poi il male può generare il male. Un tempo le notizie ci raggiungevano con un quotidiano o con la tv: potevi guardare o non guardare. Con internet, molte cose si diffondono come un incendio — ogni invenzione può essere usata per il bene e per il male. Nel mio secondo libro, il gioco del male, c'è uno psicopatico che nella storia definisce il "male assoluto", in quanto non ha coscienza né sensi di colpa. Be', non tutti i sociopatici sono cattivi e non tutti i cattivi sono sociopatici. E gli atti malvagi sono sempre più comuni: crimini come cyberbullismo e abusi online, compiuti da gente che non ha rimorso per il dolore provocato».

5. E domani? Qual è il futuro del genere noir? Chi sarà la prossima "vittima"?
«Penso che il futuro del thriller sarà quello di continuare a riflettere sui metodi del male, ma anche dare conto degli eroi della nostra società, che lo combattono. Nei thriller, la vittima può essere chiunque: tu, il tao vicino, il tao partner o i tuoi figli. Nella vita reale, nessun angolo della società è immune: i criminali sono meno esigenti quanto a obiettivi. Sono presi di mira membri vulnerabili della società, come anziani e disabili. Assistiamo persino alla nascita di "doppie vittime": ad esempio, i senzatetto presi di mira da criminali che usano la violenza per prendere il loro posto in strada, per guadagnare denaro (di cui hanno meno bisogno di loro). Nessuno può pensare di non essere una potenziale vittima».  

Fonte: La Lettura 02/06/2019


02/06/2019

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