Boom romanzi storici: Strukul e il successo delle saghe antiche


Matteo Strukul, in libreria con la sua ultima saga "Le sette dinastie" (Newton Compton), ci spiega perché la Storia è ancora l'ingrediente principale - e di successo - dei romanzi.  

di Matteo Strukul


Quest’anno romanzi come “M. Il figlio del secolo” di Antonio Scurati e “Madrigale senza suono” di Andrea Tarabbia hanno vinto, rispettivamente, il Premio Strega e il Premio Campiello. “La misura dell’uomo” di Marco Malvaldi, “L’enigma dell’abate nero” di Marcello Simoni e “I leoni di Sicilia” di Stefania Auci hanno dominato o stanno tuttora dominando le classifiche di vendita. Ma cosa unisce questi e altri titoli che si sono rivelati indubbi protagonisti dell’ultima stagione editoriale? La risposta è semplice: la Storia. Quella con la esse maiuscola e che appartiene al nostro Paese. Quella amata da lettrici e lettori. Capace di conciliare critica e pubblico.

La ragione di un tale innegabile successo è duplice: da una parte lettrici e lettori chiedono agli scrittori romanzi che abbiano il coraggio di guardare nel ventre molle del nostro passato, portandoci a fare i conti con la memoria, i drammi, gli orrori commessi; dall’altra il desiderio è quello di comprendere le diverse culture che compongono l’Italia. Risulta evidente, del resto, che attraverso questo tipo di letteratura arriviamo a comprendere e scoprire la Sicilia ottocentesca dei Florio, la Firenze medicea del Quattrocento, la Milano di Leonardo da Vinci e Ludovico il Moro, l’Italia uscita dalla prima guerra mondiale, preda delle mire d’un uomo spietato, capace di alimentare l’odio e la paura, cavalcandoli.
E grazie alle specificità di quelle diverse culture e fasi, figlie di dominazioni, di ribellioni, di rivoluzioni scientifiche e riforme agrarie, di grandi emigrazioni, di paure mai sopite, i lettori riscoprono non solo gli errori compiuti ma anche un’infinita eredità di bellezza, arte e cultura e un’epopea di sentimenti, tradizioni e costumi, siano essi partenopei, veneziani o siciliani.
Questa letteratura aiuta quindi a riscoprire la molteplicità culturale dell’Italia. Non fa eccezione “Le sette dinastie”, una saga che prova a mettere in luce i diversi centri di potere del Quattrocento, avendo cura di narrarne origini e storia: quelle di Venezia, regina del Mediterraneo, del suo rapporto con Costantinopoli e dell’oligarchia illuminata ma rapace delle sue famiglie patrizie; e poi la bellezza di Napoli, imprendibile, bramata dagli Aragonesi di Alfonso il Magnanimo, e destinata a scintillare magnifica nel golfo; quindi Roma, nelle mani dei Colonna e di un papato fragile, appena rientrato da Avignone; o ancora la Firenze rinascimentale dei Medici; per concludere con Milano, conquistata da un capitano di ventura senza scrupoli che prende sulle sue spalle la dinastia dei Visconti.

La Storia è allora memoria, lente privilegiata per la comprensione del presente, conoscenza stratificata di generazioni che può essere riletta attraverso lo strumento della trama avvincente, dell’intrigo, dei fatti di sangue e meraviglia che donne e uomini hanno compiuto nel passato, esaltati dall’afflato romanzesco.
Per fare questo, come un restauratore, il romanziere deve da un lato riportare alla luce i fatti quasi fossero fregi e decorazioni su cui si sia depositata la polvere del tempo; dall’altro evocare i fantasmi, gli spiriti di personaggi storicamente esistiti e attimi di tempi che furono. Dopo esservi riuscito, scaraventerà il lettore in questo mondo, che è stato in grado di richiamare grazie alla potente visione della letteratura, per farlo stare al fianco di Filippo Maria Visconti, di Caterina Sforza, di Alfonso d’Aragona.
Ecco dunque il motivo per cui questa particolare letteratura scala le classifiche e vince premi importanti. Lo stesso, in fin dei conti, sta accadendo a una trasmissione come “Ulisse” di Alberto Angela, che indagando i segreti e le scoperte di Leonardo da Vinci, riscoprendo la Sicilia del Gattopardo, stravince il prime time del sabato sera.
Perché l’Italia non è solo terra di investigatori e commissari e, da sempre, i romanzi capaci di raccontarla anche nel suo splendore e nelle sue pulsioni e tensioni artistiche, nelle imprese dell’ingegno e nelle passioni più vere e infuocate piacciono a un pubblico che, oggi più che mai, ha bisogno di capire e riscoprire le proprie origini.

Fonte: Il Fatto Quotidiano 19/10/2019

 


19/10/2019

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